Gli acquisti online di merci e servizi hanno ormai intrapreso un trend di crescita che sembra essere inarrestabile. I dati dimostrano infatti che l’E-commerce “buyer to consumer” (B2c) continua a crescere anche nel 2016: il valore degli acquisti online degli italiani fa segnare un +18% per un giro d’affari che sfiora i 20 miliardi di euro, tra prodotti (9 miliardi) e servizi (10,6 miliardi). Il turismo si conferma il primo comparto con una quota del 44% e una crescita del 10%; seguono elettronica di consumo, che vale il 15% e cresce del 28%, e abbigliamento, che vale il 10% e cresce del 27%. Si rivela sempre più importante il contributo dei settori emergenti (Food & Grocery, Arredamento e home living, Beauty, Giocattoli), che insieme valgono oltre 1,5 miliardi di euro.

Se a livello nazionale questa opportunità risulta essere molto vantaggiosa per produttori e imprenditori, gli ostacoli alla vendita in ambito internazionale risultano essere notevoli a causa del permanere di situazioni censorie che impediscono ai consumatori l’acquisto di beni e servizi in un paese terzo.

È  dall’inizio  dell’anno  che  le  istituzioni  europee   si stanno muovendo per cercare di eliminare dal mercato il geoblocking consentendo la realizzazione di un vero e proprio mercato unico anche a livello digitale. La Commissione UE ha proposto norme per garantire che i consumatori che intendono acquistare prodotti e servizi in un altro paese dell’UE, online o di persona, non siano discriminati in termini di accesso ai prezzi, condizioni di vendita o di pagamento, tranne se ciò sia oggettivamente giustificato per motivi quali l’IVA o disposizioni di legge di interesse generale. In Internet troppo spesso ai consumatori è impedito l’accesso a offerte in altri paesi: essi sono ad esempio reindirizzati verso un sito web specifico per paese, oppure viene chiesto loro di pagare usando una carta di credito o di debito di un determinato paese.

Tale discriminazione non è ammissibile nel mercato unico. Il principio di non discriminazione è già stabilito dalla direttiva sui servizi e la Commissione lo ha applicato in alcuni settori di servizi come le società di autonoleggio o i parchi di divertimento, ma con questa proposta sia le imprese che i consumatori beneficeranno di una maggiore certezza giuridica circa le pratiche autorizzate e quelle vietate. Il regolamento garantirà questa certezza giuridica e le condizioni per farla valere per prodotti e servizi online o nel mondo fisico. Per evitare di imporre oneri sproporzionati alle imprese, il regolamento non stabilisce l’obbligo di effettuare consegne in tutta l’UE ed esenta da alcune disposizioni le piccole imprese cui si applica una soglia IVA nazionale. La proposta di revisione del regolamento sulla cooperazione per la tutela dei consumatori conferirà maggiori poteri alle autorità nazionali in modo che i consumatori possano far meglio valere i loro diritti. Esse potranno:

  • verificare se i siti Internet praticano il blocco geografico dei consumatori oppure offrono condizioni post-vendita che non rispettano le norme UE (ad esempio sul diritto di recesso);
  • ordinare l’immediata rimozione dei siti web che ospitano offerte truffaldine;
  • chiedere informazioni ai gestori dei registri dei nomi di dominio e alle banche per accertare l’identità dell’operatore responsabile.

In caso di violazione dei diritti dei consumatori a livello dell’UE, la Commissione potrà coordinare azioni comuni con le autorità nazionali di contrasto per porre fine a queste pratiche. Garantirà una protezione dei consumatori più tempestiva, facendo nel contempo risparmiare tempo e risorse agli Stati membri e alle imprese. La Commissione sta inoltre pubblicando orientamenti aggiornati sulle pratiche commerciali sleali per dare risposte anche alle sfide poste dal mondo digitale. Si tratta di chiarimenti sull’applicazione della direttiva sulle pratiche commerciali sleali. Ad esempio, una piattaforma online che corrisponde alla definizione di “professionista” e propone o vende beni, servizi o contenuti digitali ai consumatori  deve assicurarsi che le sue pratiche commerciali siano pienamente conformi al diritto dei consumatori dell’Unione. Le piattaforme devono indicare chiaramente che le norme in materia di pratiche commerciali sleali non si applicano ai privati che vendono oggetti, e i motori di ricerca dovrebbero essere tenuti a distinguere chiaramente i link sponsorizzati (paid placement) dai risultati naturali di una ricerca. Gli orientamenti riveduti comprendono anche due insiemi di principi di autoregolamentazione concordati tra i soggetti interessati: un insieme aiuterà gli strumenti di confronto a conformarsi meglio alla direttiva e l’altro contribuirà all’applicazione delle norme sulle pratiche commerciali sleali, contrastando le dichiarazioni ambientali fuorvianti e infondate. Andrus Ansip, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario per il Mercato unico digitale, ha dichiarato: “Troppo spesso coloro che vorrebbero acquistare online non hanno accesso alle offerte più convenienti oppure decidono di non acquistare all’estero perché il costo della consegna è eccessivo o perché non sanno come far valere i propri diritti in caso di complicazioni. Vogliamo risolvere i problemi che impediscono ai consumatori e alle imprese di sfruttare appieno la possibilità di acquistare e vendere prodotti e servizi online”.

Günther H.  Oettinger,  Commissario  responsabile per l’economia e la società digitali, ha dichiarato: “L’iniziativa per contrastare il blocco geografico garantisce il giusto equilibrio tra l’interesse dei consumatori di effettuare acquisti online senza confini e il bisogno delle imprese di far riferimento  a norme certe. Sono certo che il nostro approccio, che tiene nella giusta considerazione le specificità di certi settori, darà un fruttuoso slancio al commercio elettronico transfrontaliero nell’UE.” Vĕra Jourová, Commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, ha affermato: “Troppe persone in Europa esitano ad acquistare online perché non conoscono   i propri diritti o pensano che sarà difficile  farli  valere. Il mio obiettivo è che i consumatori   possano acquistare online con la stessa fiducia che nel mondo fisico. Rafforzeremo le autorità di protezione dei consumatori, che potranno far rispettare meglio i diritti dei consumatori online e reprimere le pratiche fraudolente. Il pacchetto di oggi è un passo importante per adeguare la tutela dei consumatori alla rapidità del mondo online e per offrire certezza giuridica agli operatori economici.”

Tuttavia, allo stato attuale, l’UE non ha mantenuto la promessa di abolire gli ostacoli alla libera circolazione delle merci e dei servizi per i consumatori. Le regole alla base di blocchi geografici restano pressoché invariate suscitando la reazione dei rappresentanti della società civile a Bruxelles. Il Comitato Economico e Sociale Europeo infatti ha adottato tre importanti pareri a proposito dai quali emerge che “l’Europa può fare di più” per trasformare il mercato unico in una realtà per i consumatori. Sulla questione del geoblocking, il CESE ritiene che la proposta della Commissione rappresenti soltanto “un piccolo passo e non un punto di svolta”, e non è certo che possa attenuare le frustrazioni dei consumatori e delle imprese. Il CESE raccomanda di garantire la parità di condizioni tra   il commercio online e quello offline eliminando gli ostacoli alle operazioni transfrontaliere di compravendita. In tale contesto il CESE sottolinea che le ampie divergenze esistenti tra le politiche industriali e tra le legislazioni nazionali, in particolare per quanto riguarda il diritto d’autore e la consegna dei pacchi, rendono veramente difficile accelerare questo processo di armonizzazione. Le PMI e le microimprese, in particolare, hanno diversi motivi per evitare il commercio online transfrontaliero o per adeguare i prezzi e le condizioni in funzione delle differenze tra i mercati, derivanti ad esempio da contesti giuridici diversi, standard differenti, requisiti linguistici in materia di informativa precontrattuale e costi aggiuntivi di trasporto.

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