Generale della Guardia di Finanza

Potrebbe farci una fotografia della contraffazione oggi?
Quello della contraffazione è un fenomeno in continua crescita, diciamo pure un fiume in piena, che segue la regola di base del mercato: finché c’è domanda continua ad esserci offerta. Purtroppo la crisi ha favorito l’uso di prodotti simili a quelli originali: se prima il consumatore medio poteva permettersi di comprare anche qualche capo originale, e mi riferisco soprattutto al settore della pelletteria, delle borse e delle scarpe, oggi non è più così. Inoltre, come per il settore alimentare, anche per l’abbigliamento si è sviluppato il fenomeno dell’Italian sounding: in questo caso, l’illecito sotto il profilo giuridico si configura come “merce usurpativa”, prodotta è commercializzata senza autorizzazione del titolare. Di recente la Guardia di Finanza ha istituito un sistema informativo anticontraffazione: collegandosi al sito https://siac.gdf.it/Pagine/default.aspx si trovano tutte le notizia aggiornate sui sequestri e sulle varie operazioni anticontraffazione.

Quali sono le principali cause di questo fenomeno?
La delocalizzazione ha certamente contribuito a favorire l’illegalità, in quanto all’estero hanno acquisito professionalità, macchinari e tecniche per produrre oggetti del tutto simili a quelli contraffatti. Tuttavia, la causa più grande è la capacità di «copiare» anche da una semplice fotografia pur in assenza delle «specifiche» del prodotto. Invero la delocalizzazione ha comportato che il produttore italiano si rivolga a un fabbricante in Asia, dove i fattori produttivi hanno un costo minore. Ma in questi centri delocalizzati dove viene confezionata la merce si verifica un illecito: il fabbricante straniero che ha una commissione, ad esempio, per 1000 borse si procura materiale per 5000 e genera una sovrapproduzione che va a finire nel circuito della contraffazione. Tutto questo è abbastanza difficile da controllare, soprattutto perché sfugge al produttore stesso, proprietario del marchio che, oltre alla concorrenza sleale, subisce un illecito nell’ambito del contratto civilistico stipulato con il fabbricante.

Questa sovrapproduzione come fa ad arrivare in Italia e come viene smerciata?
Questa merce arriva soprattutto via mare, in molti porti del Sud come quello di Gioia Tauro, ma anche in grandi porti del Nord Europa, come quello di Rotterdam, dove ci sono grandissime navi porta container piene di queste merci. Il controllo viene fatto, ma spesso la merce contraffatta viene nascosta dietro oggetti di copertura, magari magliette anonime, oppure la merce stessa è priva di etichetta quindi difficilmente riconoscibile. Poi l’etichetta viene messa direttamente qui, nei laboratori che spesso lavorano di notte. Questi prodotti, poi, vengono distribuiti a grossisti cinesi, ma anche italiani, e vengono venduti in negozi plurimarca. E’ più difficile trovare, ad esempio, una borsa copia di un marchio famoso nei negozi monomandatari che hanno un rapporto esclusivo con il produttore, perché questi rischiano la risoluzione del contratto con il produttore./p>

Cosa può fare il consumatore per difendersi?
Rispetto alla contraffazione alimentare, la discriminante è il prezzo: quando c’è un olio extravergine d’oliva che costa poco il consumatore dovrebbe accorgersi subito che non può essere un vero olio extravergine. Ma il fattore prezzo vale anche per l’abbigliamento, i pezzi di ricambio delle auto, i giocattoli. Il consumatore dovrebbe capire due cose: la prima è che spesso in ballo c’è la sua salute o la sicurezza di altre persone, come nel caso di giocattoli pericolosi che vanno a finire nelle mani di un bambino o nel caso di pneumatici contraffatti ovvero di sistemi frenanti che mettono a rischio la vita del conducente dell’auto e dei passeggeri (magari inconsapevoli). Ma poi c’è un altro fattore da tenere in considerazione: il motore della contraffazione è il guadagno economico. Spesso, infatti, nel giro delle merci contraffatte ci sono le stesse organizzazioni criminali legate alla camorra che scelgono questo tipo di “affare” perché è meno rischioso, sotto l’aspetto penale, del commercio di droga. Allora quando un consumatore compra un prodotto contraffatto deve sapere che sta sostenendo queste organizzazioni. Oggi, purtroppo, qualunque cosa sia in commercio può essere replicata nel giro di due giorni in molte zone dell’Estremo Oriente. E’ importante quindi agire sul piano della domanda per far venir meno il vantaggio economico. Chi compra un prodotto contraffatto ha un responsabilità e non può invocare la buona fede.

Il fenomeno della contraffazione dilaga anche su Internet. Come si può contrastare?
Sul web ci stiamo già organizzando e stiamo lavorando su due fronti: quello della contraffazione in senso puro e quello della violazione del Codice del Consumo (che è una novità). Nel primo caso lavoriamo con i proprietari dei marchi che sanno se un venditore online ha marchi originali o falsi. Se sono falsi noi facciamo un rapporto all’autorità giudiziaria che dispone il sequestro del sito se il server è in Italia, o il reindirizzamento se questo è all’estero. In questo caso il sito risulta oscurato e quando la richiesta di collegamento parte dall’Italia viene rimbalzata ad una pagina in cui si legge che il sito è stato bloccato. Poi c’è la procedura con l’Antitrust, per le violazioni del Codice del Consumo: quando il consumatore viene indotto in errore da un sito che sembra uguale all’originale l’Antitrust ne inibisce l’accesso e sanziona il venditore, che però molto spesso è straniero quindi difficile da raggiungere. Nel 2013 abbiamo inibito l’accesso di 164 siti che vendevano pelletteria, vestiti, orologi, occhiali da sole, scarpe e articoli sportivi. In un certo senso la procedura via Internet è più veloce e non ingolfa l’autorità giudiziaria.

Cosa può fare l’utente quando si accorge che un sito è contraffatto?
Deve segnalarlo alla Guardia di Finanza. Gli indirizzi cui mandare le segnalazioni sono:

  • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (per il Gruppo Antitrust)
  • Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. (per il Gruppo Froditec)

Il consumatore può stare tranquillo perché lui si limita a segnalare un sito come sospetto, poi noi facciamo un’istruttoria e verifichiamo se è tutto regolare o no. Tutti quelli che navigano su internet possono contribuire alla lotta alla contraffazione.

Su Internet ci sono altri lati della contraffazione?
Il web è un mare magnum. Ultimamente ci stiamo occupando della pubblicità online: abbiamo avviato un’indagine sui siti pirata dove si scaricano i film (Operazione Publifilm). Dovendo controllare gli aspetti finanziari ci siamo chiesti: qual è il guadagno di chi gestisce questi siti, visto che spesso il download è gratuito? La risposta è stata: la pubblicità. Spesso su questi siti, che fanno attività illecita perché offrono prodotti coperti dal diritto d’autore rubando quindi il guadagno di chi fa lavoro intellettuale, troviamo pubblicità di aziende importanti. Succede quindi che aziende, con un’immagine di legalità, supportino l’attività illecita di questi siti. Il problema è che queste aziende neanche lo sanno perché comprano gli spazi pubblicitari (e quindi i click) da agenzie terze: chi vende gli spazi pubblicitari assicura all’azienda un tot di click, ma non specifica dove verrà messa la pubblicità. Sono le agenzie pubblicitarie, quindi, a dover stare attente non abbinare la pubblicità di una grande azienda a siti illeciti (che però spesso garantiscono milioni di click). Loro possono e devono fare questa scelta di legalità, togliendo il supporto economico. Di recente abbiamo oscurato 46 siti pirata, ma abbiamo intenzione di fare queste attività di controllo anche altrove.

Possiamo dire che la crisi ha acuito il fenomeno della contraffazione?
Non credo che la crisi sia la causa principale, ma credo che concorra in modo importante alimentando un circolo che danneggia ancora di più il nostro Paese e quei settori che sono sempre stati di qualità, dal tessile alla pelletteria. Si danneggiano i posti di lavoro e l’intera economia. Le do’ alcuni dati forniti dal Censis: il giro d’affari della contraffazione in Italia è di 7 miliardi di euro. Se si potesse riportare nell’ambito di attività legali ci sarebbe un aumento del Pil di 13 miliardi di euro con la creazione di 110mila posti di lavoro a tempo pieno e con un introito di tasse di quasi 5 miliardi di euro per lo Stato. Lo ribadisco: è la domanda che fa il mercato, quindi oltre al contrasto è necessario mettere in campo azioni di sensibilizzazione, a cominciare dalle scuole. Quando un problema è complesso c’è bisogno di più fattori per combatterlo.

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