A settembre c’è stato un piccolo giallo sul rinvio dello stop al roaming (previsto per il 15 dicembre 2015), proposto dall’Italia all’inizio del suo semestre di presidenza europea: la Presidenza italiana avrebbe proposto di rinviare lo stop al roaming e alle tariffe extra pagate nell’UE per le telefonate e internet mobile, andando così incontro alle richieste dell’industria delle telecomunicazioni.
La  proposta  prevedeva  l’introduzione  del  principio del “roam like at home”, cioè dell’equiparazione delle tariffe domestiche con quelle all’estero, purché in Paesi dell’Unione europea. Un’idea alquanto diversa da quella contenuta nel regolamento della Commissione Europea per la realizzazione di un continente connesso che elimina le tariffe di roaming, garantisce una rete internet aperta e neutrale e offre una maggiore tutela ai consumatori che utilizzano servizi mobili e a banda larga. Per ora il caso sembra rientrato: al termine del Consiglio informale Ue dei Ministri delle telecomunicazioni che si è tenuto a Milano i primi di ottobre, il Commissario all’agenda digitale uscente Neelie Kroes ha affermato: “L’Italia non sta ritardando il progetto di stop del roaming. Ci troviamo sulla stessa lunghezza d’onda”. Kroes ha ribadito la sua idea sul roaming: “fenomeno antiquato e retrogrado, è incredibile che ci sia ancora”. Al contempo però “l’Europa deve puntare agli investimenti in banda larga”: si potrebbe prevedere che un terzo dei 300 miliardi di investimenti promessi dal neo Presidente della Commissione UE Jean Claude Juncker vadano a digitale e banda larga, garantendo a tutti i cittadini europei la possibilità di connettersi.
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