visual Authority 2016La lettura dei risultati della ricerca svolta dall’Università Roma Tre su commissione di Consumers’ Forum dimostra definitivamente che Consumers’ Forum, per la composizione della propria compagine associativa, non poteva trascurare l’evolversi di questi fenomeni che mutano intorno a noi ogni giorno perché questi mutamenti cambiano la nostra vita di consumatori e quella delle imprese tradizionali, anche delle più evolute.


Come si passa dalla Sharing alla Social Economy?
Con il rapporto dell’anno scorso CF ha studiato la Sharing Economy ovvero: esperienze di collaborazione, condivisione di beni e servizi organizzata dal basso, condivisione “tra pari” per trarne un vantaggio economico in termini, per lo più, di minore spesa. Esperienze del genere esistono da sempre ma la crisi le ha rese più necessarie, più attrattive, più evidenti e più note a tutti. Internet le ha rese più efficienti. La condivisione, infatti, cambia il proprio volto grazie alla digitalizzazione: una esperienza tra pari, viene amplificata attraverso i social network. L’utenza si allarga: partiva tra conoscenti, nel posto di lavoro, nel condominio, nella scuola, nel comune, e all’improvviso si estende al mondo intero. Ecco la Sharing Economy.


A questo punto il fenomeno si struttura nelle piattaforme digitali di condivisione peer to peer, che fanno incontrare domanda e offerta in modo professionale ma ancora gratuito. Qual è l’interesse di queste piattaforme nel facilitare l’incontro? Assistiamo ad una nuova moneta di scambio: servizi apparentemente gratuiti o comunque meno costosi sono offerti in cambio di porzioni di privacy e di rinuncia ad alcune tutele . Siamo atterrati nella Social Economy.
Il fenomeno, con la sua espansione repentina, negli ultimi 3-4 anni rivoluziona quasi tutti i mercati, coinvolgendo in vario modo sia i consumatori e che le imprese tradizionali.
Le regole e le leggi vigenti che rendono ordinati e competitivi i diversi mercati sono spesso travolte dalla rapidità dei mutamenti. Si pongono di conseguenza alcune scelte ed ri-equilibri difficili per il legislatore e in generale per i regolatori che sentono di dover intervenire.
Il primo tema è di come non soffocare le nuove economie e contemporaneamente non lasciare indifese le categorie regolate e quelle protette. In proposito, le Linee guida della “Agenda europea per l’economia collaborativa” del giugno scorso, invitano i singoli Stati membri ad assecondare l’innovazione eliminando alcune incertezze normative che ne ostacolano lo sviluppo e invoca una soft regulation che chiarisca i nuovi schemi in cui sono coinvolti i soggetti della economia collaborativa: prestatori di servizi – consumatore/utente- intermediari. Le persone che siederanno oggi qui hanno questo non facile compito.


Dunque, SE si decide di intervenire, c’è il tema di quale sia il punto superato il quale servono nuove regole; c’è da individuare un QUANDO e, subito dopo, un QUANTO incidere.

E infine, ed è la parte più difficile, c’è un COME imporre qualche vincolo ad una economia sfuggente, in continuo divenire , i cui soggetti talvolta non hanno sedi fisiche e giuridiche riconoscibili o operano in sistemi giuridici che non riconoscono i poteri del nostro regolatore.

Le intese internazionali tra legislatori e regolatori sono indispensabili e non a caso si intensificano. Io sono grato alla ricerca di Roma Tre perché mi ha aperto gli occhi sul fatto che la Social Economy è un fenomeno che attraversa ormai tutti i campi dell’economia e che impatta in modo molto diretto sulle competenze di tutte le Autorità di vigilanza, controllo e regolazione.
“Trasversalità” può essere un sottotitolo della nostra giornata. La ricerca spazia tra i vari settori economici nella individuazione delle forme di esperienze sharing/social e coglie i momenti e i temi su cui i regolatori devono rimettersi al lavoro. Persino i settori più severamente regolati, come la finanza e gli stessi mercati monetari sono investiti da una ventata di innovazioni ( che talvolta danno luogo anche ad una “shadow economy”) di difficile contenimento da parte delle banche centrali.


Un altro sottotitolo è: come funzionerà il futuro paradigma del rapporto consumatore – professionista su cui si è finora basata la tutela del consumatore europeo e il nostro codice del Consumo? C’è un terzo di mezzo, la ”piattaforma digitale”, le cui responsabilità devono essere analizzate e disegnate ancora.


Abbiamo detto di bassi costi contro diritti e tutele decrescenti .
La piena consapevolezza rispetto a questa rinuncia ad una quota dei suoi diritti e tutele diventa per il consumatore l’elemento valutativo che gli consente di riconoscere un prezzo giusto : quanto sto risparmiando/ quanto sto rischiando.


Dunque si apre un grande ruolo di analisi dei nuovi mercati, di informazione ed educazione dei cittadini che cade sulle spalle delle associazioni dei consumatori, dei media e delle istituzioni.
Altrettanto duro lavoro per le aziende tradizionali alle prese con un concorrente sconosciuto e imprevedibile che invade il campo e che difficilmente può essere affrontato sul terreno dei prezzi. La competitività si gioca su terreni nuovi.


Infine c’è un “fattore tempo” che incalza tutti perché l’innovazione è turbinosa. La legislazione e la regolazione inseguono i mercati e rischiano di arrivare quando gli scenari sono già mutati in un continuo divenire.


Nel campo dei consumatori poi si aprono anche ulteriori abissi generazionali rispetto all’accesso alle nuove opportunità.


Obiettivo di Consumers’ Forum, anche in questo frangente, è innanzitutto quello di comprendere in pieno i fenomeni, farne oggetto di analisi indipendente e di dibattito culturale e di mantenere aperto il dialogo tra le parti dei rapporti consumeristici e con chi ne detta le regole.

Mario Finzi Presidente Consumers' Forum

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