Non si paga perché c'è la pubblicità, per la scarsità dei controlli, per la scarsa qualità dei programmi, per la troppa politica o perché non si hanno i soldi: qualunque sia il motivo, è il canone Rai la tassa più evasa dagli italiani, con una percentuale media che si attesta al 38% dei contribuenti ma con punte che arrivano anche all'87% in regioni quali Campania, Calabria e Sicilia. È quanto emerge dallo studio sulle imposte più evase dagli italiani, condotto da KRLS Network of Business Ethics per conto dell'Associazione Contribuenti Italiani, su un campione di 1500 cittadini maggiorenni residenti in Italia.

L'evasione del canone è in aumento, dal 22% del 2005 al 38% del 2009, e la ricerca stima che quest'anno arriverà al 41%. "Tra i maggiori evasori del canone Rai - si legge in una nota stampa - figurano quelli residenti nelle province di Caserta, Ragusa e Catanzaro, dove l'evasione sfiora il 90% delle famiglie. All'opposto le province più virtuose sono quelle di Aosta, Ferrara e Pisa dove l'evasione si attesta al 12%. In assoluto i contribuenti più fedeli restano quelli della Valle d'Aosta, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Veneto, ma in buona posizione si piazzano anche quelli residenti nelle regioni meridionali dell'Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna".

Dall' indagine emerge inoltre che "il 36% non paga il canone perché c'è la pubblicità sulla TV pubblica, il 31% per la scarsità dei controlli e la percezione che se chi evade non viene punito, il 24% per la scarsità qualità dei programmi e la troppa presenza della politica in TV e solo il 9% perché non ha soldi".

L'Antitrust ha irrogato una sanzione amministrativa pari a 100 mila euro al tour operator Todomondo per aver messo in atto una pratica commerciale scorretta. In particolare, al tour operator - il cui fallimento è stato dichiarato di recente - è stata contestata la reiterata variazione dei pacchetti di viaggio organizzati e venduti. In particolare, secondo l'Autorità, il tour operator ha proseguito l'attività di promozione e vendita dei servizi turistici pur nella consapevolezza dell'esistenza di una situazione di progressivo dissesto finanziario tale da impedire l'effettuazione dei viaggi programmati senza molteplici e significativi mutamenti dei servizi previsti dal contratto, onerosi e sproporzionati, sia prima che dopo la partenza. Nel mirino dell'Antitrust anche alcuni messaggi promozionali veicolati attraverso il sito internet www.todomondo.it e considerati illegittimi.

E' inoltre notizia di questi giorni la proroga al giorno 1 marzo 2010 per il termine per il deposito delle domande di ammissione al passivo dal momento che l'udienza per l'esame dello stato passivo è stata spostata al 31 marzo 2010.

Si terrà il 6 e il 7 febbraio a Vicenza il primo Festival dei Consumatori. Dal confronto culturale alle iniziative divulgative, dall'educazione al consumo all'espressione artistica, dalla rappresentazione teatrale alla conoscenza gastronomica del territorio: questi i contenuti del Festival organizzato dalla Regione del Veneto e dalle Associazioni dei Consumatori (Adico, Adiconsum, Federconsumatori, Lega Consumatori, Unione Nazionale Consumatori, Movimento Consumatori, Casa del Consumatore, Codacons, Adoc).

Il Festival si configura come un evento diffuso che interessa tutto il centro città per mezzo di una rete di punti di presenza dislocati nelle piazze, negli edifici e negli esercizi commerciali: la città diventa per un fine settimana una grande vetrina sull'azione dei diversi soggetti che si occupano di Diritti dei Consumatori, un'occasione per fare luce sul grande e variegato mondo del Consumo e sulle sue implicazioni nella vita quotidiana dei cittadini.

Diminuiscono i prezzi dell'elettricità, aumentano quelli del gas. Per il primo trimestre 2010 l'Autorità per l'energia ha stabilito una diminuzione del 2,2% dei prezzi di riferimento dell'energia elettrica, con una riduzione della spesa media di circa 10 euro annui. Rincara invece il gas, per il quale viene fissato un aumento dei prezzi di riferimento del 2,8%, "anche se i rialzi delle quotazioni internazionali degli idrocarburi avrebbero comportato un incremento del 3,2% - scrive l'Autorità - tale incremento, tuttavia, è stato in parte compensato da diminuzioni delle componenti tariffarie di trasporto e distribuzione gas, decise dall'Autorità. Ciò ha consentito di contenere l'aumento complessivo al 2,8% e la maggiore spesa a 26 euro su base annua".

In totale, la spesa media delle famiglie per gas ed elettricità, nei primi tre mesi del 2010, segnerà un più 1,1% rispetto all'ultimo trimestre 2009, con un incremento totale di 16 euro su base annua. "Per il gas pesa l'aumento dei prezzi petroliferi, pur se in termini attenuati e diluiti dai metodi da noi adottati per l'aggiornamento trimestrale delle bollette; in effetti abbiamo dovuto assistere ad un nuovo balzo del barile, superiore all'80% in dollari dal dicembre 2008 al dicembre 2009 - ha sottolineato il presidente dell'Autorità Alessandro Ortis - Per l'energia elettrica, invece, stiamo raccogliendo i vantaggi della maggior concorrenza che ha portato ad una diminuzione dei prezzi del 10% in 15 mesi. Infine ricordo le possibili riduzioni di oltre il 15% sulla spesa annuale al netto delle tasse, per le famiglie più bisognose che possono usufruire dei bonus gas ed elettricità".

Il 1° gennaio (dopo una lunga serie di rinvii) è entrata in vigore l'azione collettiva risarcitoria. La nuova formulazione dell'art. 140 bis del Codice del Consumo prevede che per la tutela di diritti individuali omogenei i consumatori e gli utenti possono ricorre all'azione di classe: "a tal fine, ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni". "Da ora è più semplice, concreto ed effettivo l'esercizio dell'azione collettiva, poiché questa può essere avviata anche da singoli consumatori o utenti, anziché solo dalle loro associazioni, e viene semplificato il meccanismo di liquidazione del danno», si legge in una nota del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

I consumatori o utenti, che abbiano subito danni derivanti da prodotti difettosi o pericolosi, oppure da comportamenti commerciali scorretti o contrari alle norme sulla concorrenza, potranno unire le proprie forze per ottenere il risarcimento nel caso in cui il ricorso al giudice fosse troppo oneroso per un singolo individuo. Con le nuove norme in vigore dal primo gennaio 2010, informa la nota del ministero, tutti coloro che si trovino nella stessa situazione di chi ha promosso la causa potranno aderire all'azione, facendo valere i propri diritti, anche attraverso il promotore e senza bisogno di ricorrere autonomamente ad un avvocato.

Il procedimento consentirà di avere una sentenza immediatamente esecutiva e non una mera sentenza di principio che poi costringe ad instaurare un successivo giudizio. Per assicurare una piena tutela dei consumatori che aderiscono, è previsto il preventivo esame da parte del giudice per verificare l'adeguatezza di chi ha instaurato il giudizio a curare l'interesse della classe, cioè del gruppo di consumatori o utenti che versino nella medesima situazione, e per accertare l'assenza di conflitti di interesse. Inoltre, è assicurata la piena trasparenza e pubblicità di tutte le fasi del procedimento, compresa la pubblicità sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico.

Sono interessati dal provvedimento gli illeciti commessi successivamente alla entrata in vigore della Legge Sviluppo, cioè successivamente al 15 agosto 2009. Il nuovo art.140 bis prevede che la nuova procedura delle azioni di classe sarà irretroattiva, quindi si applicherà solo agli illeciti compiuti successivamente all'entrata in vigore della legge stessa (agosto 2009). Ciò significa, ad esempio, che questo strumento non potrà essere utilizzato dai risparmiatori che avevano acquistato titoli Parmalat, Cirio, Lehman Brothers, Alitalia e Bond argentini.

Durante tutto l'iter di approvazione del nuovo strumento, sì è spesso fatto riferimento alla class action americana. Tuttavia, quella anglosassone è tutta un'altra cosa. L'introduzione della class action negli Stati Uniti risale al 1938. Le più importanti differenze tra la class action anglosassone e le incipienti azioni collettive italiane riguardano innanzitutto i diritti che possono essere tutelati. La class action italiana esclude dal suo ambito di applicazione la responsabilità della pubblica amministrazione e la responsabilità extracontrattuale derivante da incidenti attinenti l'attività produttiva e dall'inquinamento ambientale.

Ciò significa che non sono ipotizzabili nel nostro Paese azioni simili a quella intentate dai consumatori americani alle multinazionali del tabacco o ai fast food. La giustizia americana inoltre attribuisce al consumatore l'indennità punitiva, istituto non previsto dalla legge italiana: le Corti americane, una volta stabilità la responsabilità di un'impresa per un prodotto difettoso o per danni alla salute dei cittadini, possono stabilire un risarcimento molto più alto del danno reale subito dal consumatore.

Nel nostro ordinamento, a differenza di quello statunitense, la sentenza fa stato solo nei confronti degli aderenti all'azione. Negli Stati Uniti invece la sentenza fa stato fra tutti i membri del gruppo aventi la medesima posizione, compresi gli assenti al processo.

I proventi delle sanzioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, pari a quasi tre milioni di euro, che per legge devono essere destinati a un fondo per il finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori, rischiano di non poter essere impiegati: se l'assegnazione dei fondi al Ministero dello Sviluppo economico non venisse ultimata nei tempi coerenti con la contabilità statale, "diverrebbe impossibile l'impiego di fondi provenienti dalle sanzioni per le finalità cui la legge li destina". È quanto scrive l'Autorità per l'energia elettrica e il gas in una segnalazione inviata a Governo e Parlamento. Si tratta per la precisione di due milioni e novecentomila euro che "possono essere utilizzati nel solo esercizio di bilancio in cui vengono effettivamente riscossi".

Scrive l'Aeeg che "dall'anno 2005, data in cui per la prima volta le sanzioni dell'Autorità sono state destinate a progetti a vantaggio dei consumatori, a causa di problemi procedurali e ritardi burocratici, non è stato possibile impegnare effettivamente tali proventi per iniziative a favore dei consumatori finali, proprio in virtù del fatto che non sono stati mai completati, nel limite del solo periodo di esercizio, gli adempimenti necessari a provvedere all'assegnazione ed alla successiva impegnabilità delle risorse derivanti dalle sanzioni citate. Dallo scorso 19 giugno 2009, il Ministro dello sviluppo economico ha richiesto al Ministro dell'economia e delle finanze l'assegnazione dei fondi al momento disponibili; tale assegnazione, tuttavia, non risulterebbe al momento ancora avvenuta".

Per il presidente dell'Autorità Alessandro Ortis, "appare pertanto opportuno che sia perfezionata e conclusa al più presto la procedura di assegnazione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero dello sviluppo economico, per l'ammontare delle cifre disponibili alla data del 31 ottobre 2009 sullo specifico capitolo di uscita. Sarebbe altrettanto opportuno assicurare la fruibilità dei fondi in questione attraverso la previsione, nel decreto di fine anno "milleproroghe", di uno specifico articolo che, analogamente a quanto già previsto per le sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, consenta che i proventi delle sanzioni irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas vengano riassegnati al Ministero per lo sviluppo economico anche nell'esercizio successivo; ciò per poter impegnare gli stessi proventi in progetti a favore dei consumatori finali di energia".

L'appello è condiviso dalle associazioni dei consumatori che chiedono di "introdurre all'interno del decreto "milleproroghe" misure volte a consentire l'utilizzo, anche nel 2010, dei fondi a vantaggio dei consumatori provenienti dalle sanzioni irrogate sia dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas che dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato". A sostegno della segnalazione inviata dall'Autorità per l'energia, Adiconsum, Altroconsumo, Assoutenti, Cittadinanzattiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Difesa del cittadino, Movimento Consumatori, Unione Nazionale Consumatori "lanciano un appello alle stesse Istituzioni affinché dimostrino nei fatti di interessarsi alle istanze di tutela dei diritti dei consumatori".

"Non è tollerabile - scrivono in una nota congiunta - una salvaguardia dei conti pubblici che andando a scapito della tutela dei diritti, leda il principio ormai consolidato per cui le multe pagate dalle aziende a fronte di comportamenti scorretti tornino a vantaggio dei cittadini sotto forma di iniziative di tutela. Per scongiurare tale rischio, le Associazioni dei consumatori auspicano che quanto prima il Ministero dell'economia e delle finanze assegni al Ministero dello sviluppo economico tali fondi, da legge destinati ad essere impegnati, anche da parte delle Regioni, in progetti a favore dei consumatori".

 

La crisi economica si riflette nelle scelte mediche degli italiani: quasi un quinto (18%) ha rinviato visite specialistiche private e cure odontoiatriche per motivi economici, un dato che per alcune fasce di popolazione sale ancora, mentre nell'ultimo anno il 35% degli italiani si è rivolto alle strutture sanitarie pubbliche, accettando liste di attesa più lunghe, per ottenere prestazioni (analisi, visite mediche, cure) che in altri tempi avrebbero acquistato direttamente da strutture private. La percentuale sale al 40% tra gli anziani, al 41% tra i residenti nelle regioni del Centro, a oltre il 47% tra i soggetti meno istruiti, senza titolo di studio o con la sola licenza elementare. Il quadro emerge da un'anticipazione dei risultati del Monitor del Forum per la Ricerca Biomedica e del Censis.

Si tende dunque a ricorrere di più alla sanità pubblica, accettando anche disagi e tempi lunghi, e si rinviano le prestazioni sanitarie considerate meno urgenti. Secondo l'indagine, nel 2009 quasi il 18% degli italiani ha rinunciato a una o più prestazioni sanitarie per motivi economici: il dato sale però a circa il 21% tra i residenti nelle regioni del Centro, al 23,5% nel Sud, al 24,2% tra i 45-64enni, al 27,2% nelle grandi città, al 31% tra i possessori di titoli di studio più bassi.

Quasi il 21% degli intervistati ha anche acquistato meno farmaci.

Le famiglie italiane si trovano in una condizione di "bassa vulnerabilità finanziaria": la fragilità finanziaria interessa una famiglia indebitata su dieci. In Italia serve una revisione del sistema di ammortizzatori sociali perché "circa 1,2 milioni di lavoratori dipendenti non avrebbero copertura in caso di interruzione del rapporto di lavoro" e ci sono "450.000 lavoratori parasubordinati che non godono di alcun sussidio o che non hanno i requisiti per accedere ai benefici introdotti dai provvedimenti del Governo". È quanto evidenziato oggi dal Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi nella lezione "Conoscere per deliberare" nell'ambito del conferimento della laurea honoris causa presso l'Università di Padova.

La crisi finanziaria, ha detto Draghi, "ha concentrato l'attenzione sulla capacità delle famiglie di sostenere gli oneri di un debito rapidamente crescente, sebbene ancora su livelli nettamente inferiori a quelli registrati negli altri paesi avanzati". L'analisi della Banca d'Italia, ha detto Draghi, "conferma nel complesso una condizione di bassa vulnerabilità finanziaria delle famiglie italiane. La "fragilità finanziaria" - definita come la percentuale di famiglie con una spesa per debiti superiore al 30 per cento del reddito disponibile - risulta complessivamente limitata, pari al 2 per cento, e interessa una famiglia indebitata su dieci".

Soffermandosi invece sul sistema di ammortizzatori sociali, il Governatore ha riconosciuto che è "notoriamente frammentato" e, affermando la mancanza di informazioni sulla copertura effettiva, ha sottolineato: "Per supplire a questo vuoto informativo, la Banca ha fatto ricorso ai dati raccolti dall'Istat e dall'INPS, stimando che circa 1,2 milioni di lavoratori dipendenti non avrebbero copertura in caso di interruzione del rapporto di lavoro, a cui si affiancano 450.000 lavoratori parasubordinati che non godono di alcun sussidio o che non hanno i requisiti per accedere ai benefici introdotti dai provvedimenti del Governo. Questi risultati - ha detto Draghi - rafforzano l'esigenza di una revisione del nostro sistema di ammortizzatori sociali con benefici per l'efficienza produttiva, la tutela dei lavoratori, l'equità sociale. Essa è oggi il prerequisito per un'estensione della flessibilità del mercato del lavoro a tutti i suoi comparti".

 

Dal 1° febbraio 2010 le famiglie in difficoltà economica potranno fare richiesta di sospensione delle rate di rimborso del mutuo. È stato, infatti, siglato oggi a Roma, dal Direttore generale dell'ABI, Giovanni Sabatini, e dai rappresentanti di 13 Associazioni dei consumatori appartenenti al CNCU (Acu, Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento consumatori, Movimento difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori) l'accordo per la sospensione del rimborso dei mutui nei confronti dei nuclei familiari in difficoltà a seguito della crisi.

In sintesi, l'Accordo di oggi prevede la sospensione del rimborso dei mutui per almeno 12 mesi, anche nei confronti dei clienti con ritardi nei pagamenti fino a 180 giorni consecutivi:

  • per i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale;
  • nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui;
  • che hanno subito o subiscono nel biennio 2009 e 2010 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).

Questa è la misura minima cui le banche associate sono invitate ad aderire; ciascun istituto ha poi la libertà di offrire al cliente in sede di adesione al Piano condizioni migliori rispetto a quanto previsto dall'Accordo.

La lista delle banche aderenti verrà pubblicata nel sito dell'ABI (www.abi.it), dove sarà disponibile anche il facsimile del modulo di richiesta di sospensione da parte del cliente. Tale modello sarà inoltre distribuito presso le filiali delle banche aderenti.

I contratti porta a porta, cioè quei contratti negoziati fuori dal locale commerciale, devono avere anche un modulo di revoca del consenso. E dal momento in cui il consumatore viene informato del suo diritto di rescindere il contratto e dei tempi e modalità stabilite dalla legge nazionale, ha 7 giorni di tempo per inviare una comunicazione del proprio recesso. Lo stabilisce la direttiva comunitaria 85/577/CE che tutela il consumatore contro i rischi legati alla firma di un contratto porta a porta.

E lo ha ribadito oggi una sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue che è stata interpellata dal Tribunale spagnolo di Salamanca, in riferimento al seguente caso. Nel 2003 una signora ha sottoscritto, presso il suo domicilio, un contratto con un appresentante dell'EDP, per l'acquisto di 15 volumi di un'opera, 5 DVD e un lettore DVD. Ma al momento della consegna dei prodotti, la signora non è stata informata del suo diritto di revoca del consenso entro 7 giorni dal ricevimento della merce. La signora non ha pagato e l'EDP ha chiesto quai 2mila euro di risarcimento. Il Tribunale di Salamanca ha condannato la signora al pagamento, perché la consumatrice non ha mai fatto valere, in nessun grado, la nullità dl contratto. Secondo la legge spagnola, infatti, deve essere il consumatore a chiedere la nullità del contratto, in violazione della legge.

La Corte Ue ha specificato, invece, che la direttiva europea permette al giudice nazionale di dichiarare la nullità di un contratto porta a porta, anche se il consumatore non ha mai fatto valere detta nullità dinanza al giudice.

In questo tipo di contratti c'è, infatti, uno squilibrio a favore del commerciante che prende l'iniziativa della vendita, mentre il consumatore non si trova per nulla preparato all'acquisto, non potendo neanche confrontare la qualità e il prezzo proposti con altre offerte. Per questo il consumatore ha diritto di rescindere il contratto e il commerciante ha l'obbligo di informarlo, in modo chiaro, su modalità e condizioni.

Se il consumatore non viene debitamente informato, il giudice nazionale può dichiarare la nullità del contratto, vista la violazione dell'obbligo di informazione del diritto di recesso. E il contratto può essere annullato anche se il consumatore non ha fatto valere, dinanzi al giudice nazionale, il suo diritto ad essere informato.

La ricchezza netta delle famiglie italiane è diminuita, fra il 2007 e il 2008, di circa l'1,9%. La distribuzione non è equilibrata: "molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza mentre all'opposto poche dispongono di una ricchezza elevata". Fra il 2007 e il 2008 la ricchezza delle famiglie si è orientata verso forme di investimento meno rischiose e più liquide. E i mutui rappresentano circa il 35% delle passività finanziarie. Questi i dati principali che emergono dal rapporto della Banca d'Italia "La ricchezza delle famiglie italiane nell'anno 2008", supplementi al bollettino statistico.

Ecco dunque la situazione nel dettaglio: "Nel 2008 la ricchezza netta delle famiglie italiane, cioè la somma di attività reali (abitazioni, terreni, ecc.) e attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), risultava pari a circa 8.284 miliardi di euro. La ricchezza netta complessiva, a prezzi correnti, è diminuita tra il 2007 e il 2008 di circa l'1,9 per cento (161 miliardi di euro), risentendo di una rilevante riduzione delle attività finanziarie (-8,2 per cento) e di un aumento delle passività (3 per cento), mentre la dinamica delle attività reali è risultata positiva benché meno sostenuta (3 per cento) di quella degli anni precedenti". Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza "indicano che nel 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva il 44 per cento della ricchezza complessiva".

"Alla fine del 2008 il 43,8 per cento delle attività finanziarie era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni, partecipazioni e fondi comuni di investimento - rileva il Rapporto - Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano meno di un terzo del complesso delle attività finanziarie, mentre la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari a poco più del 5 per cento". Fra il 2007 e il 2008 "si è registrata una ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme di investimento meno rischiose e più liquide. La quota di ricchezza finanziaria detenuta in depositi bancari e in risparmio postale è cresciuta, infatti, di quasi 4 punti percentuali; anche quella delle obbligazioni private è salita di 2,5 punti percentuali, passando dal 10,9 al 13,4 per cento. Per converso, l'ammontare detenuto in azioni e fondi comuni è diminuito, rispettivamente, di 7,1 e 2,3 punti percentuali in rapporto al totale delle attività finanziarie, accelerando una tendenza iniziata fin dal 2000".

Alla fine del 2008, le passività finanziarie delle famiglie erano rappresentate per circa il 35 per cento dai mutui per la casa, mentre l'indebitamento per esigenze di consumo era pari a circa il 12 per cento e gli altri prestiti personali al 26 per cento. I debiti commerciali e altri conti passivi rappresentavano il 23 per cento delle passività finanziarie delle famiglie.

Il 1° gennaio 2010 dovrebbe entrare in vigore l'azione di classe. Oggi nel corso di un convegno organizzato da Consumers'Forum si sono confrontati Confindustria e Consumatori sui possibili scenari. "Sulla class action è difficile trovare un accordo", ha esordito il presidente di CF, Sergio Veroli, "ma noi siamo tanto ambiziosi da pensare che c'è spazio per un confronto costruttivo come avvenuto nel caso della conciliazione - cui CF dedicherà il prossimo evento alla fine di gennaio - su cui imprese, consumatori e Confindustria hanno espresso la comune volontà di mantenere la struttura attuale".

Il convegno si è aperto con la relazione introduttiva del prof. Enrico Minervini, docente di diritto privato all'Università degli Studi di Napoli, che ha avuto il compito di individuare alcuni nodi problematici della nuova norma. "Da un punto meramente teorico il nuovo articolo 140- bis (contenuto nella Legge 99 del 23 luglio 2009) è di gran lunga migliore rispetto al vecchio", ha esordito il Professore "in quanto opera una scelta inequivocabile per un modello (l'azione di classe) laddove il precedente (contenuto nella legge Finanziaria 2008) non era stato altrettanto chiaro. Tuttavia - prosegue Minervini - ci sono una serie di nodi di non poco conto lasciati aperti".

Il Professore ha fatto riferimento, innanzitutto, all'entrata in vigore che potrebbe ancora slittare e al limite temporale degli illeciti compiuti dopo il 15 agosto 2009: "Tale previsione - spiega Minervini - è giustificabile solo da un punto di vista politico dal momento che, dal punto di vista tecnico, essendo questa una norma processuale dovrebbe essere applicata indistintamente a tutti gli illeciti". Il professore, riferendosi alla norma che riconosce la legittimazione attiva a ciascun componente della classe, ha rivenuto un atteggiamento "troppo debole" da parte delle associazioni dei consumatori che, al contrario, avrebbero dovuto farsi sentire di più. Minervini ha poi puntato l'attenzione sulle ipotesi esperibili (contratti ex art. 1341 e 1342 c.c.; danno da prodotto; pratiche commerciali scorrette; comportamenti anticoncorrenziali); sul meccanismo di adesione ("Sarebbe stato meglio prevedere l'opt-out piuttosto che l'opt-in") nonché sulla scelta di investire solo sei Tribunali delle azioni di classe con le conseguenze che ne derivano in termini di sovraffollamento delle cause. Concludendo il Professore ha sostenuto che "il meccanismo dell'azione di classe può funzionare solo su controversie medio piccole e in presenza di eccellenza di virtù nelle imprese, nei magistrati, nelle associazioni dei consumatori e negli avvocati". "In particolare - ha concluso Minervini - è necessario che le imprese vedano in essa un'opportunità e non una minaccia".

Marcella Panucci, Direttore Affari Legislativi di Confindustria, ha aperto il suo intervento definendo l'azione di classe un rimedio eccezionale: "Siamo convinti che possa essere un ottimo deterrente affinchè diminuiscano sempre di più gli illeciti perpetrati dalle imprese a danno di una pluralità di consumatori". Il Direttore parlando dell'entrata in vigore della norma ha fatto sapere che un eventuale nuovo slittamento è stato smentito da più parti. Sul meccanismo di adesione la Panucci ha le idee chiare: "Quello che Confindustria temeva era un'assoluta imprevedibilità dell'impatto dell'azione di classe sul bilancio delle aziende. L'opt-in consente una previsione dell'impatto e per questo siamo più favorevoli a questo meccanismo piuttosto che all'opt-out".

"L'esigenza dello strumento dell'azione di classe proviene dalle inefficienze del mercato". Così ha esordito Massimiliano Dona, segretario generale dell'Unione Nazionale Consumatori convinto che le lamentele vanno indirizzate "non a Confindustria ma a chi ha la responsabilità di Governo del Paese". "Il Governo - ha proseguito Dona - nello svolgere il suo compito ha scritto delle norme con mano tremante per la preoccupazione di mettere mano a quelle stese norme". Dona ha analizzato una ad una le preoccupazioni del Governo a partire dal ruolo "troppo esuberante" delle associazioni: "Il Legislatore ha voluto cambiare approccio legittimando ad agire ciascun danneggiato". Secondo il Segretario Generale dell'Unc, il sistema non funzionerà perché "è inverosimile che il singolo si assuma la responsabilità di un'azione collettiva: sceglierebbe piuttosto un'azione individuale mettendosi al riparo da eventuali condanne qualora il Giudice ritenga non ammissibile l'azione di classe". Dona si è detto preoccupato anche per l'utilizzo dell'aggettivo "identico" utilizzato per definire il campo di applicazione della norma. "Il Legislatore lo utilizza ma ben si guarda dallo specificare in che cosa consista tale rapporto di identità", sostiene il Segretario che, riferendosi, ai 6 Tribunali competenti, intravede la volontà di "voler portare lontano dal territorio le varie cause". Dona conclude soffermandosi sull'aspetto che lo preoccupa maggiormente, quello del filtro. "Si tratta di un filtro per nulla equilibrato. Se il legittimato attivo prende lucciole per lanterne, viene condannato al pagamento delle spese legali; per lite temeraria; a pubblicizzare la mancata ammissibilità della proposta".

Oltre 39 miliardi di euro in soli 9 mesi. E' questo il bilancio di quella che è diventata una delle più grandi industrie italiane, che è arrivata a coinvolgere 35 milioni di italiani: stiamo parlando del mercato del gioco, fenomeno omai trasversale, che coinvolge tutte le età ed entrambi i sessi. Il trend di crescita continuerà fino a toccare 58 miliardi di euro nel 2010. E' il quadro che risulta dall'indagine realizzata da Eurispes sul gioco in Italia, presentata oggi a Roma.

"Rispetto alla nostra prima indagine sul gioco, che abbiamo realizzato nel 2001, oggi il panorama è cambiato, il gioco è diventato una vera e propria industria e il fisco ringrazia. Il gioco, infatti - ha dichiarato il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara - è ormai un grande attore delle risorse dello Stato. E' importante dunque che il gioco sia regolamentato nei vari settori, prosciugando così quelle sacche di illegalità che, secondo le nostre stime, coinvolgono ancora il 40% del totale. La ricerca Eurispes - ha aggiunto il Prof. Fara - svolge un ruolo fondamentale in questo; già nel 2001 la prima indagine realizzata dall'istituto diventò un punto di riferimento anche per il legislatore che cominciò a considerare il gioco come un fenomeno sociale ed economico vero e proprio".

E infatti in seguito a quella indagine il legislatore ha risposto con il decreto 269 (del 30 settembre 2003) che ha bonificato il territorio dei videopoker, introducendo nel settore autorizzazioni e tassazioni, ed ha introdotto gli apparecchi da intrattenimento New Slot, istituendo anche la nuova figura del concessionario di rete. Nel 2006 è arrivato il decreto 223, il cosiddetto Bersani-Visco, che ha legalizzato i giochi a distanza e ampliato la rete fisica delle agenzie di scommesse, rendendo il gioco lecito più accessibile per chiunque.

Oggi, la novità principale, è il gioco sul web, che sta avendo un grandissino successo. Il 2009 può essere considerato l'anno della svolta dei giochi a distanza, con la definitiva affermazione del poker on line che ha toccato quasi i 2 miliardi di euro, superando sia i giochi a base ippica sia il bingo. Nel 2008 scommesse e Skill Games hanno riscosso il maggiore successo , ma è importante precisare che si tratta di giochi (poker, scommette, Lotto, SuperEnalotto e bingo fruibili in rete) tutti autorizzati dall'Aams e regolamentati secondo disposizioni normative. Internet dunque ha permesso al mercato del gioco di allargare il suo bacino di utenza.

Dall'indagine Eurispes emerge che il 13,7% dei giocatori nutre una vera e propria passione per i giochi on line. Sono gli uomini (15,4%) più delle donne ad aver maggiormente sperimentato il gioco on line; nella maggior parte dei casi i giocatori hanno tra i 35 e i 44 anni o tra i 18 e i 24. Quasi il 65% di chi utilizza la rete per giocare si dedica al Poker, il 50% fa scommesse e il 30% gioca al casinò. Il 69% dei giocatori on line lo fa occasionalmente, ma c'è chi si è già fatto prendere la mano: il 4,7% dichiara di giocare on line sempre. La dipendenza dal gioco è infatto uno dei rischi indicati per l'8,5% dei giocatori, ma, nel caso dell'on line, la preoccupazione maggiore dei giocatori è che dietro ai siti che propongono poker e scommesse si nascondano truffe.

Al di là del nuovo fenomeno del gioco on line, sono le NewSlot a rappresentare la grossa fetta del mercato del gioco in Italia, cui è riconducibile la crescita di circa 20 miliardi di euro riscontrata nel settore dei giochi tra il 2003 e il 2006. E questo incremento notevole dell'uso delle NewSlot è dovuto soprattutto alla regolamentazione del settore, introdotta nel 2003, che ha fatto fluire il gioco nei canali istituzionali, a scapito della criminalità organizzata e dell'evasione fiscale.

Parte da domani il bonus gas, che permetterà di ottenere una riduzione di circa il 15% sulla bolletta con validità retroattiva al primo gennaio 2009 (per le domande presentate entro il 30 aprile 2010). Il bonus gas sarà cumulabile con il bonus elettrico. L'aiuto per le famiglie in difficoltà è stato introdotto dal Ministero dello Sviluppo Economico e definito nelle modalità applicative dall'Autorità per l'energia, con la collaborazione dei Comuni. In particolare, informa una nota congiunta del Ministero e dell'Autorità, "il bonus prevede uno sconto annuo del 15% circa (al netto da imposte) sulla bolletta del gas naturale a seconda della numerosità della famiglia e del tipo di consumo, con riduzioni che possono arrivare fino a 160 euro per le famiglie fino a quattro componenti, mentre le famiglie numerose, con più di tre figli, potranno ottenere una riduzione fino a 230 euro".

Ma quali sono nel dettaglio i requisiti del bonus? Questo può essere richiesto per il gas metano distribuito a rete (non per il gas in bombola o per il GPL), per i consumi nell'abitazione di residenza. Per fare domanda, occorre essere titolari di un contratto diretto di fornitura del gas e di un indicatore ISEE (l'Indicatore di Situazione Economica Equivalente, che non coincide con il reddito personale), non superiore a 7.500 euro; nel caso di famiglia numerosa, con più di tre figli a carico, l'ISEE non dovrà essere superiore a 20.000 euro. Il bonus può essere richiesto anche da coloro che utilizzano impianti di riscaldamento condominiali.

Il valore del bonus sarà differenziato:

  • per tipologia di utilizzo del gas (solo cottura e acqua calda; solo riscaldamento; oppure cottura, acqua calda e riscaldamento insieme);
  • per numero di persone residenti nella stessa abitazione;
  • per zona climatica di residenza, tenendo conto delle specifiche esigenze di riscaldamento delle diverse località.

Presentando la domanda entro il 30 aprile 2010, si potrà ottenere il bonus con effetto retroattivo al 1° gennaio 2009. A tutti i clienti che hanno sottoscritto direttamente un contratto di fornitura gas, il bonus sarà riconosciuto come una deduzione in bolletta. Chi ha un impianto di riscaldamento centralizzato-condominiale, potrà ritirare il bonus presso gli sportelli delle Poste Italiane che provvederanno a comunicare direttamente agli interessati la disponibilità dei bonifici. Il diritto al bonus è valido per 12 mesi.

Per avere le informazioni sui requisiti per accedere ai bonus (gas ed elettricità) e su come presentare le domande ai Comuni (o a istituti eventualmente designati quali i Caf), é possibile visitare i siti www.autorita.energia.it; www.sviluppoeconomico.gov.it; www.bonusenergia.anci.it; oppure chiamare il call center (promosso dall'Autorità per l'energia e gestito dall'Acquirente Unico) al numero verde 800.166.654 (ore 8-18, lunedì-venerdì).


 

E' stato firmato oggi un protocollo di conciliazione tra Sorgenia e 11 associazioni dei consumatori che fanno parte del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Cittadinanzattiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori, Centro Tutela Consumatori e Utenti). Dopo un anno di sperimentazione, che ha permesso all'azienda e alle associazioni dei consumatori di concordare e rendere operativo il regolamento per lo svolgimento della conciliazione, il ricorso alla conciliazione paritetica per le controversie fra Sorgenia e clienti diventa un documento ispirato alle raccomandazioni europee.

Novità principale dell'accordo è che la procedura di conciliazione non riguarderà solo i titolari di fornitura di energia elettrica o di gas per uso domestico o condominiale, ma anche le piccole partite IVA con utenze di potenza non superiore ai 6 kW per l'elettricità o ai 3.000 metri cubi l'anno per il gas. Basterà compilare un modulo scaricabile dal sito Internet di Sorgenia e inviarlo per posta ordinaria o mail a un ufficio ad hoc costituito presso la sede della società. Una commissione di conciliazione, composta da un rappresentante di Sorgenia e da uno delle associazioni dei consumatori, favorirà il contatto tra la società e i clienti al fine di consentire la composizione pacifica della controversia.

L'accordo prevede anche delle penali a carico di Sorgenia nei casi in cui, al termine della conciliazione, la società non rispetti i tempi previsti per il pagamento di eventuali indennizzi ai clienti.

L'azienda ha poi concordato con le associazioni dei consumatori un decalogo con le regole di comportamento al quale dovranno attenersi le agenzie commerciali partner della società per assicurare una maggiore tutela dei consumatori. Tale decalogo sarà parte integrante dei contratti con le agenzie. Comunicazione corretta e trasparente, precise condizioni contrattuali ed economiche, modalità e tempi di fatturazione, nonché il metodo utilizzato per l'addebito dei consumi sono alcune delle regole del decalogo.

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