googlebadadvRimossi 1,7 miliardi di annunci, il doppio del 2015. Stop allo strozzinaggio e ai pop up che portano malware. Poi ancora: farmaci illegali, gioco d'azzardo, alle app scaricate senza autorizzazione: Mountain View fa il bilancio della sua guerra ai "bad ads".

Ci sono i "payday loans": offerte di prestiti da restituire in pochi mesi, che in realtà nascondono tassi al limite d'usura e meccanismi di pagamento che rendono quasi impossibile la restituzione del debito. Ma anche i "trick to click": compaiono sullo schermo come avvertimenti del sistema operativo, ma dopo averci cliccato liberano un malware o un software che danneggiano il computer. Per non parlare dei "tabloid cloacking", una sorta di annuncio che i presenta come una notizia di cronaca ma che poi una volta cliccato ti devia verso siti che commercializzano creme dimagranti o pillole per rendere meglio a letto.

In pratica, una giungla di annunci truffaldini e illegali, che in gergo vengono complessivamente definiti "bad ads", da advertising. Hanno come fine l'attirare in trappola gli utenti di internet, ma utilizzano come mezzo i social network più diffusi e i motori di ricerca, per arrivare al maggior numero di persone a livello globale. Primo fra tutti, Google, leader assoluto nel suo mercato, tra i più bersagliati dalle false pubblicità. Per questo motivo, ha dovuto intensificare la lotta ai "bad ads" e ogni anno tiene una sorta di conferenza a livello mondiale per spiegare cosa è stato fatto e per comunicare i numeri di siti o annunci che vengono cancellati.

Numeri che crescono, per forza di cose, in modo esponenziale: da quando l'azienda di Mountain View ha alzato barriere informatiche e sistemi di monitoraggio sempre più efficienti, i pirati del web hanno trovato altre strade. Un inseguimento da guardie e ladri che nel 2016 ha portato Google a rimuovere 1,7 miliardi di annunci, in pratica più del doppio di quanti non ne siano stati cancellati soltanto l'anno prima. Così come ha raccontato in collegamento dalla California Scott Spencer, direttore per le divisioni Product Management e Sustainable Ads "se ci volesse un secondo per rimuovere ciascuno di questi annunci occorrerebbero 50 anni per cancellarli tutti, ma la nostra tecnologia ovviamente consente di farlo molto più velocemente".
Scendendo più nel dettaglio, tra le varie tipologie si scopre che Google ha introdotto soltanto a luglio una nuova barriera contro i "payday loans", ma già in sei mesi sono intervenuti contro 5 milioni di questo tipo di annunci. La lotta contro i "trick to click", invece, va avanti da anni: nel corso del 2016 ci sono state 112 milioni di cancellazioni, ben sei volte di più rispetto all'anno precedente. Le rimozioni di annunci che aggirano le norme sanitarie sono state 12,5 milioni, oltre 17 milioni per siti che promuovono il gioco d'azzardo violando le regole dei paesi dove compaiono.

Ma come i virus, anche i "bad ads" diventano sempre più resilienti e trovano nuovi modi per aggirare le politiche di contrasto mano a mano che vengono introdotte. Anche in questo caso, Google è dovuta correre ai ripari: sempre nel 2016, ha riferito ancora Spencer, sono "stati rimossi quasi 7 milioni di annunci che cercavano intenzionalmente di aggirare i nostri sistemi di rilevamento".

La battaglia di Google contro pubblicità ingannevoli e truffaldine è sicuramente una questione di immagine, ma ha anche una sua motivazione economica. Nel 2011, Google fu multata dal dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per 500 milioni di dollari, per aver ospitate inserzioni per la vendita di prodotti farmaceutici, venduti in Canada ma vietati negli Stati Uniti. Una cifra considerevole anche Alphabet, la società che gestisce il motore di ricerca, considerando che stiamo parlando di cinque anni fa e che gli utili del 2015 sono
stati pari a 5 miliardi (su un fatturato di 74 miliardi). Da allora, Google ha intensificato la lotta contro le bad ads; basti pensare che nel 2014 ne era state disabilitate 524 milioni: in pratica in soli due anni c'è stata una crescita del 200 per cento degli interventi.

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