Dalla sharing alla social economy: come si gestisce la concorrenza nei mercati?

Lo sviluppo della rete Internet e il successo dei social media stanno dando vita ad un nuovo modo di pensare l’economia. Nel giro di appena un anno, il salto di qualità dell’economia della condivisione è già diventato realtà aprendo la strada alla social economy, in grado di arrivare a una platea molto più ampia di potenziali consumatori. Si tratta di una realtà economica in costante evoluzione che si affianca all’economia tradizionale. I mutamenti coinvolgono il trasporto urbano (Uber, Lyft) ed extraurbano (Blablacar), l’offerta di alloggi (Airbnb), il settore bancario e creditizio con il social lending (Zopa, Prosper), il crowdfunding (Kickstarter, Indiegogo), la nascita di monete complementari (Bitcoin, Faircoin), il mondo del lavoro (Taskrabbit, Handy) e la logistica (Instacart, Postmates).

L’Unione europea ha adottato diverse iniziative in materia. In ambito nazionale, diventa cruciale il ruolo svolto dall’AGCM, nella sua duplice funzione  di  garante  della  concorrenza e della tutela del consumatore. L’approccio  fin  qui  adottato  dall’Autorità si muove nella consapevolezza che il cambiamento in atto non può essere imbrigliato in regole troppo stringenti dal momento che i vantaggi indotti da queste nuove forme di economia sono innegabili: maggiore concorrenza, riduzione dei costi transattivi, minore asimmetria informativa, maggiore accessibilità a beni e servizi da parte dei consumatori.

A fronte di questo però, come ha precisato Roberto Chieppa, consigliere e segretario generale dell’AGCM “cresce il rischio di concorrenza sleale, elusione  fiscale  e  una  minore  tutela per il consumatore”. Come agisce quindi l’Agcm quando deve regolamentare i nuovi fenomeni di mercato? “La prima regola che di solito l’Autorità segue è quella di non intervenire e, nel caso sia necessario, l’intervento deve essere soft, in modo da lasciare libera l’iniziativa imprenditoriale”.

 

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