Stefano Crippa - Direttore Area Relazioni Esterne e Ricerche Socio-Economiche Federdistribuzione

I numeri delle liberalizzazioni parlavano di 5.000 nuove farmacie e di conseguenza di maggiore concorrenza. Condivide questa stima?
La strada principale scelta dal Governo Monti per modificare l’assetto del settore distributivo del farmaco è stata quella dell’ampliamento del numero di farmacie. Secondo le ultime stime le nuove unità potrebbero essere circa 3.500. Questo maggior numero di farmacie tuttavia, a nostro avviso, difficilmente potrà determinare una maggiore concorrenza a vantaggio del consumatore: il provvedimento non va infatti a incidere profondamente nel settore modificandone gli assetti strutturali e competitivi, ma semplicemente porterà a dividere la stessa torta tra un po’ più di farmacisti. Ben altri effetti in termini di concorrenza e vantaggi per il consumatore si sarebbero invece ottenuti con un’impostazione di vera liberalizzazione del mercato, basata su un’altra prospettiva, quella di “portare il farmaco fuori dalle farmacie”. La nostra richiesta originale era infatti quella di avere la possibilità di vendere i farmaci OTC (Over the Counter - farmaci cosiddetti da banco) a libero servizio (cioè senza l’obbligo della presenza del farmacista) e di poter ampliare con la fascia C (o una parte cospicua di essa) l’elenco di farmaci vendibili nei corner assistiti costantemente da un farmacista. Questo sarebbe stato un vero cambiamento: migliore offerta per i cittadini con gli OTC disponibili in un numero di punti vendita molto più alto rispetto ad ora e parafarmacie con una disponibilità di farmaci ampliata; maggiore concorrenza tra formule distributive diverse; prezzi più bassi; stimolo per le farmacie a rifocalizzarsi verso una funzione di vero presidio sanitario.  

Dal 26 aprile scorso 220 farmaci senza ricetta possono essere venduti nelle parafarmacie e nei corner salute della GDO (Grande Distribuzione Organizzata). Che tipo di farmaci sono? Quanti di questi erano già nella disponibilità della GDO?
E’ un elenco di farmaci provenienti da quelli di fascia C che hanno principi attivi e caratteristiche specifiche simili ai farmaci già ora classificati come SOP (Senza Obbligo di Prescrizione): si è quindi ritenuto di poterli inserire all’interno di quelli vendibili al di fuori delle farmacie. Questi 220 farmaci sono meno del 5% di quelli compresi nella fascia C, ne rappresentano circa il 10% del fatturato e nessuno di loro era già presente nella GDO. Rendere disponibili solo questi farmaci per la vendita nei corner della GDO e nelle parafarmacie rappresenta un intervento molto limitativo rispetto a quanto si sarebbe potuto fare: siamo ancora lontani da un vera liberalizzazione del mercato. La sensazione è che la montagna abbia partorito un topolino, con buona pace di chi ha voluto frenare ancora una volta la liberalizzazione avviata nel 2006 e con i consumatori ancora una volta delusi da tante parole e pochi fatti.

Di quanto è diminuito il prezzo al consumatore finale?
Per quanto riguarda l’esperienza maturata finora con i farmaci OTC e SOP, quelli venduti nei corner della GDO hanno un prezzo inferiore del 20% rispetto al prezzo praticato nelle farmacie. Un risparmio importante per il consumatore sul singolo farmaco ma ancora modesto a livello complessivo nazionale, perché le condizioni necessarie per poter vendere questi farmaci (presenza del farmacista e spazio dedicato) hanno fatto sì che nella GDO si siano aperti solo poco più di 300 corner, tutti posizionati nelle grandi strutture. Sono solo queste ultime, infatti, in grado di assorbire i costi collegati alla commercializzazione di OTC e SOP, in media 3 farmacisti per punto vendita per coprire l’intera settimana e l’ampio nastro orario di apertura. Esistono tuttavia strade per ampliare la diffusione di questi farmaci e migliorare il servizio ai consumatori: proprio con questa finalità, perlomeno per i farmaci OTC, la maggior parte dei quali può essere soggetto a comunicazione pubblicitaria, abbiamo avanzato la richiesta di poterli vendere senza l’obbligo del farmacista!

Cosa concorre alla formazione del prezzo del farmaco? Per dare i suoi effetti, in quale parte della filiera dovrebbe intervenire la liberalizzazione?
L’elemento fondamentale per la liberalizzazione del mercato dei farmaci è che si abbracci il principio che vi possono essere farmaci con caratteristiche tali da poter essere venduti  anche al di fuori delle farmacie. Questo significa che il punto di partenza deve essere la maggiore concorrenza in ambito distributivo. Una volta data questa opportunità anche i rapporti di filiera si riequilibreranno per adattarsi alle nuovi condizioni del mercato della distribuzione. 

Consumatori, Istituzioni e Farmacisti: chi tra questi è meno pronto a sperimentare altre forme di vendita dei farmaci (dispenser automatici senza presenza del farmacista)?
Il consumatore è senza dubbio il più pronto; è un soggetto consapevole delle proprie azioni, anche in materia di utilizzo dei farmaci. La migliore testimonianza è il fatto che, nonostante la liberalizzazione di OTC e SOP avviata nel 2006, finora non vi sia stato alcun abuso di questi farmaci, evento temuto da più parti (il mercato è rimasto delle stesse dimensioni). C’è da aspettarsi che invece i maggiori ostacoli possano arrivare dai farmacisti, preoccupati di perdere una parte di mercato.

Cosa ne pensa dei prossimi aumenti dell’IVA? Quale ripercussione per la GDO?
L’aumento dell’IVA è un provvedimento che deve essere assolutamente evitato. Federdistribuzione si è espressa molte volte in questo senso: porterebbe inevitabilmente a un innalzamento dei prezzi e a una conseguente riduzione dei consumi, in un momento nel quale proprio la debolezza della domanda interna è il fattore più preoccupante in Italia. E questa nuova frenata sui consumi avrebbe naturalmente effetti non solo sulla distribuzione, ma coinvolgerebbe l’intera filiera. Allontanerebbe inoltre ulteriormente il Paese da quella ripresa che è condizione indispensabile per uscire dalla crisi mantenendo i presupposti di equilibrio dei conti pubblici. Sebbene l’aliquota del 21% si riferisca anche a numerosi prodotti di base (abbigliamento, vino, ecc.) particolarmente preoccupante è che l’aumento riguardi anche l’aliquota del 10%, applicata a prodotti alimentari di largo consumo quali carne, pesce, salumi, uova, acqua minerale: l’impatto sulle famiglie meno agiate e con consumi essenziali sarebbe rilevante. Ci pare quindi indispensabile che il Governo faccia tutto il possibile per evitare questo provvedimento, non solo per i 3 mesi del 2012 ma anche per gli anni successivi.

 

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