Il rapporto presentato dagli esperti delle Nazioni Unite perché aziende, regioni e cittadini intraprendano azioni concrete per ridurre davvero le emissioni e l'impatto ambientale.  Basta ambientalismo di facciata e strategie di green marketing. Anche imprese, aziende e istituzioni devono adottare misure chiare ed efficaci per ridurre le emissioni. Le previsioni sul cambiamento climatico lasciano poco tempo per agire, e tutti devono contribuire. Se ne parla oggi alla Cop27, dove un gruppo di esperti di alto livello delle Nazioni Unite ha presentato una serie di raccomandazioni pratiche per investitori e contribuenti privati come aziende, compagnie finanziarie, città e regioni. L'obiettivo è porre fine alle pratiche di greenwashing, in favore di misure vere che aiutino sulla strada verso il net zero.

Le raccomandazioni Onu
Il rapporto è il risultato del lavoro congiunto di 17 esperti nominati dal Segretario generale delle Nazioni Unite, e contiene raccomandazioni pratiche per garantire e migliorare l'integrità, la trasparenza e la responsabilità al net zero, fissando standard e criteri chiari.

Il punto fondamentale è che qualunque azienda o ente privato non possa venire considerato Net zero se continua a investire in combustibili fossili o contribuisce in qualche modo alla deforestazione o altre attività distruttive per l'ambiente. Per lo stesso motivo, ci si aspetta che le azioni intraprese siano effettive (come la riduzione delle emissioni lungo la catena produttiva) e non si limitino ad acquistare crediti di carbonio. L'acquisto di certificati che compensano le emissioni, invece di ridurle, deve essere conservato per gli ultimi anni di net zero e, se utilizzato, deve essere attendibile e proveniente da una fonte affidabile e verificabile.

Aziende, imprese e regioni devono quindi presentare dei piani per il clima che possano essere considerati efficaci, garantendo risultati abbastanza rapidi in termini di rilascio di gas serra in modo da soddisfare i requisiti dell'accordo di Parigi. In particolare, per limitare il riscaldamento della Terra a 1,5 gradi, gli obiettivi fissati devono essere raggiunti sul breve termine, entro (e prima) il 2030. Le aziende devono anche presentare rapporti annuali dettagliati sui progressi compiuti, che possano essere controllati e verificati in modo indipendente da esterni. Le aziende e le regioni che utilizzano molta terra devono garantire, entro il 2025, di interrompere qualsiasi pratica di deforestazione. L'impegno, infine, non deve limitarsi alla propria rete privata ma deve essere globale: occorre stabilire e prevedere, all'interno dei piani aziendali e regionali, un flusso di denaro verso i Paesi in via di sviluppo.

Situazione climatica e obiettivi sulle emissioni
La gravità della situazione attuale è sotto gli occhi di tutti: crisi energetica, eventi meteorologici estremi collegati al cambiamento climatico, e problemi di approvvigionamento energetico causati dal conflitto in corso. L'impegno verso fonti alternative e per la riduzione dell'impatto ambientale è sempre più urgente.

Per quanto riguarda le emissioni, un recente rapporto sul clima pubblicato dalle Nazioni Unite mostra che la curva si sta piegando, ma non abbastanza rapidamente da limitare l'aumento della temperatura a 1,5°C, come stabilito dall'accordo di Parigi. Di questo passo, non riusciremo a ridurre le emissioni del 45% entro il 2030, perché il picco deve ancora arrivare. Ci si attende invece un aumento che sfiora l'11%. Bisogna invertire la tendenza il prima possibile, e per farlo serve l'aiuto di tutti. La strada da percorrere è chiara: bisogna raggiungere il picco delle emissioni globali in soli tre anni, entro il 2025, e dimezzarle nei prossimi otto anni, entro il 2030. Sono necessarie soluzioni efficaci, tangibili e immediate, e la sola azione dei governi non basta. La questione va attaccata su più fronti. Bisogna, innanzitutto, dirottare gli investimenti di imprese e istituzioni dai combustibili fossili all'energia pulita. Ma bisogna anche fornire indicazioni chiare e mettendo un freno a tutte le pratiche di indugio e pulizia dell'immagine attraverso il greenwashing.

Il problema del greenwashing
Sono dieci le raccomandazioni contenute nel rapporto pubblicato oggi, e mirano da un lato ad accompagnare tutti gli enti non statali che vogliano volontariamente cambiare il loro approccio e il loro impatto ambientale, dall'altro a evitare che persistano azioni guidate dall'ignoranza e pratiche di greenwashing.

"Il greenwash è sfuggito al controllo", denuncia Amanda Starbuck, membro del gruppo di lavoro HLEG delle Nazioni Unite e direttore del programma per gli investitori Sunrise Project. "Le aziende e le istituzioni finanziarie che si impegnano per le zero-emissioni non possono più dichiararsi ignoranti o evitare di assumersi le proprie responsabilità con il greenwash: net-zero significa riduzione immediata delle emissioni climatiche e certamente nessuna crescita dei combustibili fossili. Oggi ci uniamo a scienziati, economisti e a un coro globale che chiede questa ambizione alle istituzioni finanziarie, alle aziende, alle città e alle regioni".

Molte aziende si sono già impegnate per la causa, con la promessa di partecipare attivamente alla strada verso le zero-emissioni. Finora però, denunciano gli esperti, i risultati sono stati insufficienti. Per questo nel rapporto si chiede a tutti gli attori non statali di impegnarsi a ridurre immediatamente le emissioni con obiettivi a breve, medio e lungo termine basati su dati scientifici. La prima cosa da fare, quindi, è limitare le iniziative volontarie in favore di azioni regolamentate ad alto livello, utili anche a evitare il ricorso a soluzioni disoneste o pratiche di greenwashing.

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