Francesco Nonno - Responsabile Antitrust e Tutela del Consumatore Telecom Italia
Quali sono i rapporti tra Consumers’ Forum e gli Operatori?
Consumers’ Forum – e questa iniziativa lo dimostra – rappresenta un modello di eccellenza per un confronto reciproco e sereno dove possono essere trattate questioni complesse e di interesse generale che investono il sistema Paese nelle sue differenti componenti, Istituzioni, Associazioni dei Consumatori, mondo della ricerca ed imprese. Un esempio fattivo e diretto di ciò sono sicuramente le attività ed i progetti dedicati alla conciliazione su cui insieme Associazioni ed Operatori, in ambito Consumers’ Forum, contribuiscono anche in termini di attività di formazione alla crescita di questi strumenti di tutela in favore del cittadino cliente consumatore.
Più in generale una sede di confronto come Consumers’ Forum consente alle parti di confrontarsi su questioni e temi di interesse di tutte le parti al di fuori dei momenti di gestione delle patologie che emergono nel rapporto tra aziende e consumatori. Nel quadro generale quindi anche questa iniziativa rappresenta sicuramente un’occasione proficua di confronto su tematiche di attualità e di diretto interesse dei cittadini.
Ciò è ancor più importante in questa fase, in quanto nello scenario in cui ci muoviamo non possiamo non prendere atto di come nel settore delle TLC si stia di fatto assistendo alla conclusione di una fase importante che ha visto a partire dagli anni ’90 il mercato delle TLC aprirsi alla concorrenza, crescere ed espandersi in termini di servizi ed offerte disponibili ai cittadini.
Parallelamente i consumatori sono diventati molto più selettivi ed esigenti accrescendo quindi il loro bisogno di comunicare, informarsi e intrattenersi attraverso la rete. Oggi l’accesso ad Internet, da fisso e da mobile, costituisce un elemento fondamentale per accedere ulteriormente ad altri servizi che la rete mette a disposizione dei cittadini. Questa evoluzione sta modificando in maniera sostanziale gli equilibri del settore.

In che senso c’è una modifica degli equilibri e in che misura questa evoluzione può impattare sugli investimenti in infrastrutture ?
Ormai da tempo assistiamo alla crescita della domanda generata dall’introduzione di nuove tecnologie e dalla commercializzazione di nuovi device come gli smartphone e i tablet.
Due aspetti evolutivi che stanno profondamente incidendo sul mercato delle comunicazioni, trasformandolo e cambiando i ruoli degli attori che ne fanno parte:

  • la diffusione e l’evoluzione tecnologica della larga banda;
  • il fenomeno cosiddetto di “digitalizzazione dei servizi”, ovvero la possibilità di fornire servizi e/o contenuti audio/video in maniera digitale, per cui ad esempio il cliente può acquistare/noleggiare un film, oppure compilare un modulo per la Pubblica Amministrazione, senza che avvenga uno scambio fisico.

Grazie a questi due fenomeni, che crescono congiuntamente, si sono ormai affermati sul mercato dei soggetti che, pur non disponendo di alcuna rete di telecomunicazioni, forniscono servizi alla clientela dotata di un accesso a larga banda. Sono i soggetti “Over The Top” (OTT), detti così perché lavorano “al di sopra” dei normali layer di rete, non possedendone appunto alcuna. Gran parte dell’innovazione nelle applicazioni è oggi generata da questi nuovi “attori” del mercato e sta determinando un cambiamento significativo dello scenario ma soprattutto del modello di business utilizzato tipicamente dagli operatori di accesso.
Gli OTT sono soggetti e marchi molto noti: Google, Apple, eBay, i siti di streaming video, ecc. Si tratta dunque in alcuni casi di soggetti fortissimi, che però non hanno le stesse restrizioni cui invece sono soggette le Telco; operano in un ambiente transazionale e possono “scegliere” il Paese dove stabilire la propria sede legale anche per sfruttare le norme tributarie/legali/privacy a loro più convenienti. 

Lo sviluppo degli OTT è un fattore estremamente positivo per lo sviluppo del mercato, in quanto essi generano nuovi utilizzi della rete da parte dei cittadini e delle imprese. L’insieme di questi nuovi servizi genera inoltre maggiore efficienza nel sistema, con indubbi vantaggi economici.

Allo stesso tempo la crescita e la diffusione dei servizi offerti dagli OTT mette in discussione la tenuta del business model degli operatori di telecomunicazioni in quanto, da un lato incrementa la richiesta di banda da parte degli utenti, generando quindi un’esigenza di investimenti aggiuntivi che però non portano ricavi aggiuntivi agli operatori di telecomunicazioni; dall’altro lato vengono messe a disposizione dei cittadini applicazioni che sono direttamente competitive con i servizi degli operatori (come ad esempio il VoIP), con effetti negativi sui ricavi degli operatori di telecomunicazioni.

Il problema di disponibilità di banda sorge perché in alcuni casi gli OTT forniscono servizi “bandwidth hungry”, ovvero che richiedono molta banda: streaming video, YouTube, Google Earth, peer-to-peer sono solo degli esempi. La crescita di questo fenomeno ha messo in difficoltà le Telco, che si trovano costrette ad ampliare la banda disponibile, e quindi sostenere costi per investimenti, a parità di introiti (perché la clientela paga normalmente l’accesso flat).

E’ evidente che questa forte pressione competitiva riduce l’attrattività degli investimenti in infrastrutture e soprattutto richiede che tali investimenti siano remunerati da una maggiore disponibilità a pagare i servizi di connettività evoluti da parte dei cittadini e delle imprese. Ciò sta oggi rallentando il ciclo di investimenti in infrastrutture, soprattutto nel caso della rete fissa.

Occorre quindi una soluzione che consenta in breve tempo di trovare nuovi equilibri e nuovi modelli di business che prevedano una remunerazione degli investimenti distribuita tra tutti coloro che ne beneficiano e non solo da parte dei cittadini e delle imprese che ne fruiscono.

Ciò al fine di garantire un’evoluzione dei servizi alla rete con qualità crescente ed adeguata alle esigenze che i nuovi utilizzi della rete generano. Questo perché sempre più l’accesso alla rete da luogo ad una nuova forma di cittadinanza.

Proprio per queste ragioni, da più parti si richiede che l’accesso ad Internet diventi un elemento del Servizio Universale. Cosa ne pensa ?
Condivido il fatto che, per la rilevanza che l’accesso alla rete acquisisce per la partecipazione alla vita democratica e per l’utilizzo di servizi (anche della P.A.), l’accesso alla rete dovrebbe divenire un diritto dei cittadini.

Ad oggi il mercato sta garantendo l’accesso alla rete in quasi tutto il territorio nazionale. Al di là delle diverse metriche che si possono utilizzare per misurare il digital divide infrastrutturale, ad oggi solo poco più del 5% dei cittadini può riscontrare difficoltà nel collegarsi alla rete.

Per risolvere questo problema ritengo però che la strada migliore sia quella di intervenire nelle aree a fallimento di mercato (cioè quelle nelle quali il mercato non ha trovato interesse economico a portare il servizio) con gli strumenti tipici di queste situazioni, cioè i finanziamenti pubblici assoggettati alla verifica di compatibilità col regime comunitario, piuttosto che utilizzare lo strumento del servizio universale, che reputo meno compatibile con l’attuale regime di concorrenza e che ha dimostrato, peraltro, un’enorme complessità applicativa.

Superato il vincolo di disponibilità infrastrutturale, ritengo però che altre forme di “digital divide” abbiano oggi più impatto sulla scarsa diffusione dell’accesso alla rete in Italia. In primis quello di tipo “culturale” derivante dallo scarso livello di alfabetizzazione informatica, che fa sì che pur essendo l’accesso disponibile in tutto il territorio nazionale, solo circa la metà dei cittadini oggi lo utilizzi. In secondo luogo quello derivante dalla scarsa fruibilità di servizi pubblici attraverso l’accesso a Internet. In ambedue queste direzioni sarebbe importante investire.

In ultimo, laddove residuassero problemi di accesso alla rete in ragione dell’eccessiva incidenza dei costi rispetto al reddito di alcune fasce di popolazione, riterrei che si potrebbe intervenire attraverso adeguati incentivi di tipo generale, ovvero riconoscendo a tali fasce deboli condizioni di accesso privilegiate, meglio se finanziate dal bilancio generale, piuttosto che da fondi intrasettoriali.

 

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