Una televisione dedicata al vero motore dell'economia: i consumatori. "Il Mondo dei Consumatori" è disponibile in rete all'indirizzo www.ilmondodeiconsumatori.tv. Ad oggi sono on line le prime sei puntate incentrate su diversi argomenti inerenti l'economia e il commercio: mutui, prestiti personali, carte di credito, prodotti finanziari e assicurativi, investimenti, la finanza dei Nuovi Cittadini.

Il progetto, realizzato nell'ambito del Programma generale di Intervento 2009 della Regione Siciliana con l'utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico, nasce con al volontà di offrire informazioni e approfondimenti su argomenti che possono essere utili come "educazione finanziaria".

“Globalizzazione dei mercati e tutela dei consumatori”: si svolgerà venerdì 22 gennaio, presso l’Università Roma Tre, Facoltà di Economia “Federico Caffè”, l’inaugurazione della VII edizione del Master di II livello.

Il Master si avvale del patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico, del Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti, dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, della Camera di Commercio di Roma e di Poste Italiane. L’appuntamento è alle 16.00 presso l’Aula 12 (via Silvio D’Amico 77).

Il potere di acquisto delle famiglie italiane è diminuito dell’1,6% nel periodo ottobre 2008-settembre 2009 rispetto all’anno precedente e dello 0,2% rispetto al trimestre precedente. È quanto comunica oggi l’Istat nell’analisi “Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società” relativa al III trimestre del 2009.

La propensione al risparmio delle famiglie, definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile, è stata pari al 15,4%, 0,2 punti percentuali in più rispetto al trimestre precedente e 0,4 punti percentuali in più rispetto al corrispondente trimestre del 2008. Nel terzo trimestre 2009 il reddito disponibile delle famiglie è diminuito dello 0,4% in valori correnti rispetto al trimestre precedente, mentre la spesa delle famiglie per consumi finali si è ridotta dello 0,6%. Nel periodo ottobre 2008-settembre 2009, il potere di acquisto delle famiglie, cioè il reddito disponibile in termini reali, è diminuito dell’1,6% rispetto all’anno precedente.

Per uscire dalla crisi ci vorrà ancora del tempo: per il 31% degli italiani, dai sei ai dodici mesi; per il 36% la ripresa avverrà dopo il 2010; un 11% di pessimisti guarda al 2012. Sono i risultati di un sondaggio Confesercenti-Swg che evidenzia inoltre una maggiore fiducia nello scenario economico generale e più prudenza per quanto riguarda la condizione economica personale.

Quali dunque i risultati nel dettaglio? Per uscire dalla crisi, il 31% degli italiani pensa ci vorranno 6/12 mesi: di questi, il 7% ritiene che si dovrà "soffrire" ancora per sei mesi, il 24% "vede" materializzarsi la ripresa nella seconda metà dell'anno appena iniziato. Ma ci sono anche oltre 18 milioni di persone, vale a dire il 36%, che spostano la ripresa oltre il 2010. Uno su cinque teme che bisognerà aspettare il 2011, mentre la pattuglia dei più pessimisti, l'11%, sposta la ripresa al 2012.

Sale di otto punti (dal 14% del 2009 al 22% per il 2010) il numero di coloro che intravedono un miglioramento in generale dell'economia e parallelamente scende di 14 punti la schiera di quelli che invece ritengono più verosimile un peggioramento. Il 44% degli intervistati ritiene invece stazionaria la situazione economica del 2010. Più cautela nei giudizi sulla propria condizione economica: il miglioramento previsto scende dal 15% del 2009 al 13% per quest'anno, anche se cala in modo più evidente la percentuale di chi paventa un peggioramento (dal 32% al 20%). E aumenta dal 53% al 67% la quota di pareri che immaginano un 2010 senza mutamenti significativi.

Non si paga perché c'è la pubblicità, per la scarsità dei controlli, per la scarsa qualità dei programmi, per la troppa politica o perché non si hanno i soldi: qualunque sia il motivo, è il canone Rai la tassa più evasa dagli italiani, con una percentuale media che si attesta al 38% dei contribuenti ma con punte che arrivano anche all'87% in regioni quali Campania, Calabria e Sicilia. È quanto emerge dallo studio sulle imposte più evase dagli italiani, condotto da KRLS Network of Business Ethics per conto dell'Associazione Contribuenti Italiani, su un campione di 1500 cittadini maggiorenni residenti in Italia.

L'evasione del canone è in aumento, dal 22% del 2005 al 38% del 2009, e la ricerca stima che quest'anno arriverà al 41%. "Tra i maggiori evasori del canone Rai - si legge in una nota stampa - figurano quelli residenti nelle province di Caserta, Ragusa e Catanzaro, dove l'evasione sfiora il 90% delle famiglie. All'opposto le province più virtuose sono quelle di Aosta, Ferrara e Pisa dove l'evasione si attesta al 12%. In assoluto i contribuenti più fedeli restano quelli della Valle d'Aosta, Toscana, Emilia-Romagna, Marche e Veneto, ma in buona posizione si piazzano anche quelli residenti nelle regioni meridionali dell'Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna".

Dall' indagine emerge inoltre che "il 36% non paga il canone perché c'è la pubblicità sulla TV pubblica, il 31% per la scarsità dei controlli e la percezione che se chi evade non viene punito, il 24% per la scarsità qualità dei programmi e la troppa presenza della politica in TV e solo il 9% perché non ha soldi".

L'Antitrust ha irrogato una sanzione amministrativa pari a 100 mila euro al tour operator Todomondo per aver messo in atto una pratica commerciale scorretta. In particolare, al tour operator - il cui fallimento è stato dichiarato di recente - è stata contestata la reiterata variazione dei pacchetti di viaggio organizzati e venduti. In particolare, secondo l'Autorità, il tour operator ha proseguito l'attività di promozione e vendita dei servizi turistici pur nella consapevolezza dell'esistenza di una situazione di progressivo dissesto finanziario tale da impedire l'effettuazione dei viaggi programmati senza molteplici e significativi mutamenti dei servizi previsti dal contratto, onerosi e sproporzionati, sia prima che dopo la partenza. Nel mirino dell'Antitrust anche alcuni messaggi promozionali veicolati attraverso il sito internet www.todomondo.it e considerati illegittimi.

E' inoltre notizia di questi giorni la proroga al giorno 1 marzo 2010 per il termine per il deposito delle domande di ammissione al passivo dal momento che l'udienza per l'esame dello stato passivo è stata spostata al 31 marzo 2010.

Si terrà il 6 e il 7 febbraio a Vicenza il primo Festival dei Consumatori. Dal confronto culturale alle iniziative divulgative, dall'educazione al consumo all'espressione artistica, dalla rappresentazione teatrale alla conoscenza gastronomica del territorio: questi i contenuti del Festival organizzato dalla Regione del Veneto e dalle Associazioni dei Consumatori (Adico, Adiconsum, Federconsumatori, Lega Consumatori, Unione Nazionale Consumatori, Movimento Consumatori, Casa del Consumatore, Codacons, Adoc).

Il Festival si configura come un evento diffuso che interessa tutto il centro città per mezzo di una rete di punti di presenza dislocati nelle piazze, negli edifici e negli esercizi commerciali: la città diventa per un fine settimana una grande vetrina sull'azione dei diversi soggetti che si occupano di Diritti dei Consumatori, un'occasione per fare luce sul grande e variegato mondo del Consumo e sulle sue implicazioni nella vita quotidiana dei cittadini.

Diminuiscono i prezzi dell'elettricità, aumentano quelli del gas. Per il primo trimestre 2010 l'Autorità per l'energia ha stabilito una diminuzione del 2,2% dei prezzi di riferimento dell'energia elettrica, con una riduzione della spesa media di circa 10 euro annui. Rincara invece il gas, per il quale viene fissato un aumento dei prezzi di riferimento del 2,8%, "anche se i rialzi delle quotazioni internazionali degli idrocarburi avrebbero comportato un incremento del 3,2% - scrive l'Autorità - tale incremento, tuttavia, è stato in parte compensato da diminuzioni delle componenti tariffarie di trasporto e distribuzione gas, decise dall'Autorità. Ciò ha consentito di contenere l'aumento complessivo al 2,8% e la maggiore spesa a 26 euro su base annua".

In totale, la spesa media delle famiglie per gas ed elettricità, nei primi tre mesi del 2010, segnerà un più 1,1% rispetto all'ultimo trimestre 2009, con un incremento totale di 16 euro su base annua. "Per il gas pesa l'aumento dei prezzi petroliferi, pur se in termini attenuati e diluiti dai metodi da noi adottati per l'aggiornamento trimestrale delle bollette; in effetti abbiamo dovuto assistere ad un nuovo balzo del barile, superiore all'80% in dollari dal dicembre 2008 al dicembre 2009 - ha sottolineato il presidente dell'Autorità Alessandro Ortis - Per l'energia elettrica, invece, stiamo raccogliendo i vantaggi della maggior concorrenza che ha portato ad una diminuzione dei prezzi del 10% in 15 mesi. Infine ricordo le possibili riduzioni di oltre il 15% sulla spesa annuale al netto delle tasse, per le famiglie più bisognose che possono usufruire dei bonus gas ed elettricità".

Il 1° gennaio (dopo una lunga serie di rinvii) è entrata in vigore l'azione collettiva risarcitoria. La nuova formulazione dell'art. 140 bis del Codice del Consumo prevede che per la tutela di diritti individuali omogenei i consumatori e gli utenti possono ricorre all'azione di classe: "a tal fine, ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni". "Da ora è più semplice, concreto ed effettivo l'esercizio dell'azione collettiva, poiché questa può essere avviata anche da singoli consumatori o utenti, anziché solo dalle loro associazioni, e viene semplificato il meccanismo di liquidazione del danno», si legge in una nota del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

I consumatori o utenti, che abbiano subito danni derivanti da prodotti difettosi o pericolosi, oppure da comportamenti commerciali scorretti o contrari alle norme sulla concorrenza, potranno unire le proprie forze per ottenere il risarcimento nel caso in cui il ricorso al giudice fosse troppo oneroso per un singolo individuo. Con le nuove norme in vigore dal primo gennaio 2010, informa la nota del ministero, tutti coloro che si trovino nella stessa situazione di chi ha promosso la causa potranno aderire all'azione, facendo valere i propri diritti, anche attraverso il promotore e senza bisogno di ricorrere autonomamente ad un avvocato.

Il procedimento consentirà di avere una sentenza immediatamente esecutiva e non una mera sentenza di principio che poi costringe ad instaurare un successivo giudizio. Per assicurare una piena tutela dei consumatori che aderiscono, è previsto il preventivo esame da parte del giudice per verificare l'adeguatezza di chi ha instaurato il giudizio a curare l'interesse della classe, cioè del gruppo di consumatori o utenti che versino nella medesima situazione, e per accertare l'assenza di conflitti di interesse. Inoltre, è assicurata la piena trasparenza e pubblicità di tutte le fasi del procedimento, compresa la pubblicità sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico.

Sono interessati dal provvedimento gli illeciti commessi successivamente alla entrata in vigore della Legge Sviluppo, cioè successivamente al 15 agosto 2009. Il nuovo art.140 bis prevede che la nuova procedura delle azioni di classe sarà irretroattiva, quindi si applicherà solo agli illeciti compiuti successivamente all'entrata in vigore della legge stessa (agosto 2009). Ciò significa, ad esempio, che questo strumento non potrà essere utilizzato dai risparmiatori che avevano acquistato titoli Parmalat, Cirio, Lehman Brothers, Alitalia e Bond argentini.

Durante tutto l'iter di approvazione del nuovo strumento, sì è spesso fatto riferimento alla class action americana. Tuttavia, quella anglosassone è tutta un'altra cosa. L'introduzione della class action negli Stati Uniti risale al 1938. Le più importanti differenze tra la class action anglosassone e le incipienti azioni collettive italiane riguardano innanzitutto i diritti che possono essere tutelati. La class action italiana esclude dal suo ambito di applicazione la responsabilità della pubblica amministrazione e la responsabilità extracontrattuale derivante da incidenti attinenti l'attività produttiva e dall'inquinamento ambientale.

Ciò significa che non sono ipotizzabili nel nostro Paese azioni simili a quella intentate dai consumatori americani alle multinazionali del tabacco o ai fast food. La giustizia americana inoltre attribuisce al consumatore l'indennità punitiva, istituto non previsto dalla legge italiana: le Corti americane, una volta stabilità la responsabilità di un'impresa per un prodotto difettoso o per danni alla salute dei cittadini, possono stabilire un risarcimento molto più alto del danno reale subito dal consumatore.

Nel nostro ordinamento, a differenza di quello statunitense, la sentenza fa stato solo nei confronti degli aderenti all'azione. Negli Stati Uniti invece la sentenza fa stato fra tutti i membri del gruppo aventi la medesima posizione, compresi gli assenti al processo.

I proventi delle sanzioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, pari a quasi tre milioni di euro, che per legge devono essere destinati a un fondo per il finanziamento di progetti a vantaggio dei consumatori, rischiano di non poter essere impiegati: se l'assegnazione dei fondi al Ministero dello Sviluppo economico non venisse ultimata nei tempi coerenti con la contabilità statale, "diverrebbe impossibile l'impiego di fondi provenienti dalle sanzioni per le finalità cui la legge li destina". È quanto scrive l'Autorità per l'energia elettrica e il gas in una segnalazione inviata a Governo e Parlamento. Si tratta per la precisione di due milioni e novecentomila euro che "possono essere utilizzati nel solo esercizio di bilancio in cui vengono effettivamente riscossi".

Scrive l'Aeeg che "dall'anno 2005, data in cui per la prima volta le sanzioni dell'Autorità sono state destinate a progetti a vantaggio dei consumatori, a causa di problemi procedurali e ritardi burocratici, non è stato possibile impegnare effettivamente tali proventi per iniziative a favore dei consumatori finali, proprio in virtù del fatto che non sono stati mai completati, nel limite del solo periodo di esercizio, gli adempimenti necessari a provvedere all'assegnazione ed alla successiva impegnabilità delle risorse derivanti dalle sanzioni citate. Dallo scorso 19 giugno 2009, il Ministro dello sviluppo economico ha richiesto al Ministro dell'economia e delle finanze l'assegnazione dei fondi al momento disponibili; tale assegnazione, tuttavia, non risulterebbe al momento ancora avvenuta".

Per il presidente dell'Autorità Alessandro Ortis, "appare pertanto opportuno che sia perfezionata e conclusa al più presto la procedura di assegnazione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero dello sviluppo economico, per l'ammontare delle cifre disponibili alla data del 31 ottobre 2009 sullo specifico capitolo di uscita. Sarebbe altrettanto opportuno assicurare la fruibilità dei fondi in questione attraverso la previsione, nel decreto di fine anno "milleproroghe", di uno specifico articolo che, analogamente a quanto già previsto per le sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, consenta che i proventi delle sanzioni irrogate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas vengano riassegnati al Ministero per lo sviluppo economico anche nell'esercizio successivo; ciò per poter impegnare gli stessi proventi in progetti a favore dei consumatori finali di energia".

L'appello è condiviso dalle associazioni dei consumatori che chiedono di "introdurre all'interno del decreto "milleproroghe" misure volte a consentire l'utilizzo, anche nel 2010, dei fondi a vantaggio dei consumatori provenienti dalle sanzioni irrogate sia dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas che dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato". A sostegno della segnalazione inviata dall'Autorità per l'energia, Adiconsum, Altroconsumo, Assoutenti, Cittadinanzattiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Difesa del cittadino, Movimento Consumatori, Unione Nazionale Consumatori "lanciano un appello alle stesse Istituzioni affinché dimostrino nei fatti di interessarsi alle istanze di tutela dei diritti dei consumatori".

"Non è tollerabile - scrivono in una nota congiunta - una salvaguardia dei conti pubblici che andando a scapito della tutela dei diritti, leda il principio ormai consolidato per cui le multe pagate dalle aziende a fronte di comportamenti scorretti tornino a vantaggio dei cittadini sotto forma di iniziative di tutela. Per scongiurare tale rischio, le Associazioni dei consumatori auspicano che quanto prima il Ministero dell'economia e delle finanze assegni al Ministero dello sviluppo economico tali fondi, da legge destinati ad essere impegnati, anche da parte delle Regioni, in progetti a favore dei consumatori".

 

La crisi economica si riflette nelle scelte mediche degli italiani: quasi un quinto (18%) ha rinviato visite specialistiche private e cure odontoiatriche per motivi economici, un dato che per alcune fasce di popolazione sale ancora, mentre nell'ultimo anno il 35% degli italiani si è rivolto alle strutture sanitarie pubbliche, accettando liste di attesa più lunghe, per ottenere prestazioni (analisi, visite mediche, cure) che in altri tempi avrebbero acquistato direttamente da strutture private. La percentuale sale al 40% tra gli anziani, al 41% tra i residenti nelle regioni del Centro, a oltre il 47% tra i soggetti meno istruiti, senza titolo di studio o con la sola licenza elementare. Il quadro emerge da un'anticipazione dei risultati del Monitor del Forum per la Ricerca Biomedica e del Censis.

Si tende dunque a ricorrere di più alla sanità pubblica, accettando anche disagi e tempi lunghi, e si rinviano le prestazioni sanitarie considerate meno urgenti. Secondo l'indagine, nel 2009 quasi il 18% degli italiani ha rinunciato a una o più prestazioni sanitarie per motivi economici: il dato sale però a circa il 21% tra i residenti nelle regioni del Centro, al 23,5% nel Sud, al 24,2% tra i 45-64enni, al 27,2% nelle grandi città, al 31% tra i possessori di titoli di studio più bassi.

Quasi il 21% degli intervistati ha anche acquistato meno farmaci.

Le famiglie italiane si trovano in una condizione di "bassa vulnerabilità finanziaria": la fragilità finanziaria interessa una famiglia indebitata su dieci. In Italia serve una revisione del sistema di ammortizzatori sociali perché "circa 1,2 milioni di lavoratori dipendenti non avrebbero copertura in caso di interruzione del rapporto di lavoro" e ci sono "450.000 lavoratori parasubordinati che non godono di alcun sussidio o che non hanno i requisiti per accedere ai benefici introdotti dai provvedimenti del Governo". È quanto evidenziato oggi dal Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi nella lezione "Conoscere per deliberare" nell'ambito del conferimento della laurea honoris causa presso l'Università di Padova.

La crisi finanziaria, ha detto Draghi, "ha concentrato l'attenzione sulla capacità delle famiglie di sostenere gli oneri di un debito rapidamente crescente, sebbene ancora su livelli nettamente inferiori a quelli registrati negli altri paesi avanzati". L'analisi della Banca d'Italia, ha detto Draghi, "conferma nel complesso una condizione di bassa vulnerabilità finanziaria delle famiglie italiane. La "fragilità finanziaria" - definita come la percentuale di famiglie con una spesa per debiti superiore al 30 per cento del reddito disponibile - risulta complessivamente limitata, pari al 2 per cento, e interessa una famiglia indebitata su dieci".

Soffermandosi invece sul sistema di ammortizzatori sociali, il Governatore ha riconosciuto che è "notoriamente frammentato" e, affermando la mancanza di informazioni sulla copertura effettiva, ha sottolineato: "Per supplire a questo vuoto informativo, la Banca ha fatto ricorso ai dati raccolti dall'Istat e dall'INPS, stimando che circa 1,2 milioni di lavoratori dipendenti non avrebbero copertura in caso di interruzione del rapporto di lavoro, a cui si affiancano 450.000 lavoratori parasubordinati che non godono di alcun sussidio o che non hanno i requisiti per accedere ai benefici introdotti dai provvedimenti del Governo. Questi risultati - ha detto Draghi - rafforzano l'esigenza di una revisione del nostro sistema di ammortizzatori sociali con benefici per l'efficienza produttiva, la tutela dei lavoratori, l'equità sociale. Essa è oggi il prerequisito per un'estensione della flessibilità del mercato del lavoro a tutti i suoi comparti".

 

Dal 1° febbraio 2010 le famiglie in difficoltà economica potranno fare richiesta di sospensione delle rate di rimborso del mutuo. È stato, infatti, siglato oggi a Roma, dal Direttore generale dell'ABI, Giovanni Sabatini, e dai rappresentanti di 13 Associazioni dei consumatori appartenenti al CNCU (Acu, Adiconsum, Adoc, Assoutenti, Casa del Consumatore, Cittadinanzattiva, Codici, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento consumatori, Movimento difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori) l'accordo per la sospensione del rimborso dei mutui nei confronti dei nuclei familiari in difficoltà a seguito della crisi.

In sintesi, l'Accordo di oggi prevede la sospensione del rimborso dei mutui per almeno 12 mesi, anche nei confronti dei clienti con ritardi nei pagamenti fino a 180 giorni consecutivi:

  • per i mutui di importo fino a 150.000 euro accesi per l'acquisto, costruzione o ristrutturazione dell'abitazione principale;
  • nei confronti dei clienti con un reddito imponibile fino a 40.000 euro annui;
  • che hanno subito o subiscono nel biennio 2009 e 2010 eventi particolarmente negativi (morte, perdita dell'occupazione, insorgenza di condizioni di non autosufficienza, ingresso in cassa integrazione).

Questa è la misura minima cui le banche associate sono invitate ad aderire; ciascun istituto ha poi la libertà di offrire al cliente in sede di adesione al Piano condizioni migliori rispetto a quanto previsto dall'Accordo.

La lista delle banche aderenti verrà pubblicata nel sito dell'ABI (www.abi.it), dove sarà disponibile anche il facsimile del modulo di richiesta di sospensione da parte del cliente. Tale modello sarà inoltre distribuito presso le filiali delle banche aderenti.

I contratti porta a porta, cioè quei contratti negoziati fuori dal locale commerciale, devono avere anche un modulo di revoca del consenso. E dal momento in cui il consumatore viene informato del suo diritto di rescindere il contratto e dei tempi e modalità stabilite dalla legge nazionale, ha 7 giorni di tempo per inviare una comunicazione del proprio recesso. Lo stabilisce la direttiva comunitaria 85/577/CE che tutela il consumatore contro i rischi legati alla firma di un contratto porta a porta.

E lo ha ribadito oggi una sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue che è stata interpellata dal Tribunale spagnolo di Salamanca, in riferimento al seguente caso. Nel 2003 una signora ha sottoscritto, presso il suo domicilio, un contratto con un appresentante dell'EDP, per l'acquisto di 15 volumi di un'opera, 5 DVD e un lettore DVD. Ma al momento della consegna dei prodotti, la signora non è stata informata del suo diritto di revoca del consenso entro 7 giorni dal ricevimento della merce. La signora non ha pagato e l'EDP ha chiesto quai 2mila euro di risarcimento. Il Tribunale di Salamanca ha condannato la signora al pagamento, perché la consumatrice non ha mai fatto valere, in nessun grado, la nullità dl contratto. Secondo la legge spagnola, infatti, deve essere il consumatore a chiedere la nullità del contratto, in violazione della legge.

La Corte Ue ha specificato, invece, che la direttiva europea permette al giudice nazionale di dichiarare la nullità di un contratto porta a porta, anche se il consumatore non ha mai fatto valere detta nullità dinanza al giudice.

In questo tipo di contratti c'è, infatti, uno squilibrio a favore del commerciante che prende l'iniziativa della vendita, mentre il consumatore non si trova per nulla preparato all'acquisto, non potendo neanche confrontare la qualità e il prezzo proposti con altre offerte. Per questo il consumatore ha diritto di rescindere il contratto e il commerciante ha l'obbligo di informarlo, in modo chiaro, su modalità e condizioni.

Se il consumatore non viene debitamente informato, il giudice nazionale può dichiarare la nullità del contratto, vista la violazione dell'obbligo di informazione del diritto di recesso. E il contratto può essere annullato anche se il consumatore non ha fatto valere, dinanzi al giudice nazionale, il suo diritto ad essere informato.

La ricchezza netta delle famiglie italiane è diminuita, fra il 2007 e il 2008, di circa l'1,9%. La distribuzione non è equilibrata: "molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza mentre all'opposto poche dispongono di una ricchezza elevata". Fra il 2007 e il 2008 la ricchezza delle famiglie si è orientata verso forme di investimento meno rischiose e più liquide. E i mutui rappresentano circa il 35% delle passività finanziarie. Questi i dati principali che emergono dal rapporto della Banca d'Italia "La ricchezza delle famiglie italiane nell'anno 2008", supplementi al bollettino statistico.

Ecco dunque la situazione nel dettaglio: "Nel 2008 la ricchezza netta delle famiglie italiane, cioè la somma di attività reali (abitazioni, terreni, ecc.) e attività finanziarie (depositi, titoli, azioni, ecc.), al netto delle passività finanziarie (mutui, prestiti personali, ecc.), risultava pari a circa 8.284 miliardi di euro. La ricchezza netta complessiva, a prezzi correnti, è diminuita tra il 2007 e il 2008 di circa l'1,9 per cento (161 miliardi di euro), risentendo di una rilevante riduzione delle attività finanziarie (-8,2 per cento) e di un aumento delle passività (3 per cento), mentre la dinamica delle attività reali è risultata positiva benché meno sostenuta (3 per cento) di quella degli anni precedenti". Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza "indicano che nel 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva il 44 per cento della ricchezza complessiva".

"Alla fine del 2008 il 43,8 per cento delle attività finanziarie era detenuto in obbligazioni private, titoli esteri, prestiti alle cooperative, azioni, partecipazioni e fondi comuni di investimento - rileva il Rapporto - Il contante, i depositi bancari e il risparmio postale rappresentavano meno di un terzo del complesso delle attività finanziarie, mentre la quota investita direttamente dalle famiglie in titoli pubblici italiani era pari a poco più del 5 per cento". Fra il 2007 e il 2008 "si è registrata una ricomposizione dei portafogli delle famiglie verso forme di investimento meno rischiose e più liquide. La quota di ricchezza finanziaria detenuta in depositi bancari e in risparmio postale è cresciuta, infatti, di quasi 4 punti percentuali; anche quella delle obbligazioni private è salita di 2,5 punti percentuali, passando dal 10,9 al 13,4 per cento. Per converso, l'ammontare detenuto in azioni e fondi comuni è diminuito, rispettivamente, di 7,1 e 2,3 punti percentuali in rapporto al totale delle attività finanziarie, accelerando una tendenza iniziata fin dal 2000".

Alla fine del 2008, le passività finanziarie delle famiglie erano rappresentate per circa il 35 per cento dai mutui per la casa, mentre l'indebitamento per esigenze di consumo era pari a circa il 12 per cento e gli altri prestiti personali al 26 per cento. I debiti commerciali e altri conti passivi rappresentavano il 23 per cento delle passività finanziarie delle famiglie.

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